Salvini nel pallone, prima l’Italia ma pure l’Ungheria. Il leader della Lega forse non sa che il Recovery Fund è legato al Bilancio Ue su cui Orbán ha posto il veto

Il mantra, ripetuto ossessivamente da anni e a ogni piè sospinto, buttato là in qualsiasi ragionamento e in qualsiasi contesto è sempre il solito: io lavoro per gli italiani. “Io lavoro per aiutare gli italiani così come il governo tedesco aiuta i tedeschi. Non entro nel merito di quello che fanno i governi polacchi e ungheresi. Non capisco il legame tra i soldi che arrivano alle famiglie italiane e quello che fa il governo ungherese in casa sua. Se l’Europa vincola questi due ragionamenti, mi sembra bizzarro”. Così il leader della Lega, Matteo Salvini, a Radio Capital, salvo poi precisare nel corso di un’ospitata lo stesso giorno, nel programma Mediaset Live-Non è la D’Urso che, in ogni caso, “I polacchi sono alleati della Meloni, gli ungheresi sono alleati di Berlusconi”.

Il casus belli che ha fatto andare il confusione il Capitano è il fatto che i due paesi, Polonia e Ungheria – soprattutto quest’ultima il cui sovranista leader Viktor Orbán è stato definito più volte da Salvini come”un amico” – stanno di fatto bloccando l’iter di erogazione dei fondi europei stanziati per la ripresa, visto che si ostinano con l’intenzione di porre il veto al bilancio Ue, bloccando di fatto anche il Recovery Fund, grazie al quale all’Italia dovrebbero arrivare 209 miliardi (81,4 come trasferimenti diretti e 127 come prestiti). Qualcuno dovrebbe spiegare al leader della Lega, che per sua stessa ammissione non capisce il legame tra i soldi che arrivano alle famiglie italiane e quello che fa il governo ungherese, che lo strumento per far arrivare i fondi nel nostro Paese – il Recovery appunto – è ancorato all’approvazione del Bilancio pluriennale 2021-27 dell’Ue.

Salvini dovrebbe sapere (è stato anche europarlamentare, peraltro) che per avviare la procedura scritta sull’aumento del tetto alle risorse proprie, necessario per garantire l’emissione dei bond anticrisi per i 750 miliardi complessivi, serve l’unanimità dei 27 Paesi membri. Il problema è che Varsavia e Budapest hanno scelto la linea dello scontro totale, considerando un “ricatto politico” il meccanismo approvato per condizionare l’erogazione degli aiuti finanziari al rispetto dello “stato di diritto”. Si tratta nei fatti del rispetto di valori fondamentali come la libertà, la democrazia, l’uguaglianza e i diritti umani, compresi i diritti delle minoranze.

Un argomento delicato per i due Paesi in questione, che negli ultimi anni sono incorse in diverse procedure di infrazione avviate da Bruxelles per questioni legate alla giustizia, alla violazione dei diritti e delle libertà fondamentali e all’immigrazione (come la tanto controversa ricollocazione dei richiedenti asilo, e anche su questo tema il leader leghista si è più volte contraddetto, visto che se gli immigrati rimangono in Italia è anche perché i suoi amici sovranisti non li vogliono).

D’altra parte lo stesso premier ungherese Orbán, aveva comunicato alla cancelliera tedesca Angela Merkel e al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che il suo Paese avrebbe posto il veto al bilancio pluriennale dell’Unione europea e al fondo per la ripresa dalla pandemia. E dalle minacce sembra essere passato ai fatti. Se entro pochi giorni non si troverà una soluzione, ci sarà effettivamente il rischio di avviare il 2021 senza bilancio Ue il che, a catena, farebbe ritardare l’emissione dei bond anticrisi.