Definì una vergogna il vitalizio ai condannati. Ma adesso Salvini tace sui suoi che hanno ridato il malloppo a Formigoni & Co.

Solo un anno fa Salvini definì vergognoso il vitalizio ai condannati, ma ora che il ripristino è opera di due senatori leghisti, tace

Definì una vergogna il vitalizio ai condannati. Ma adesso Salvini tace sui suoi che hanno ridato il malloppo a Formigoni & Co.

La battaglia sui vitalizi si sta facendo infuocata al Senato e ha ricompattato l’asse giallorosso, mettendo se mai servisse, ancor più in evidenza le mille incongruenze di una maggioranza allargata come quella che sostiene il Governo di Mario Draghi.

Definì una vergogna il vitalizio ai condannati. Ma adesso Salvini tace sui suoi

Martedì scorso Palazzo Madama ha confermato, con i voti della Lega e di Forza Italia, la sentenza che ha restituito il vitalizio a Roberto Formigoni. Nonostante la condanna per corruzione, a cui si era invece si erano opposti all’interno del Consiglio di Garanzia sia il Pd che Fratelli d’Italia. Il Movimento 5 Stelle, che sulla legalità e la lotta alla casta ha fatto sempre una bandiera, è insorto e ieri. Visto come sta procedendo il dibattito sempre al Senato, si è formato un fronte tra dem e pentastellati che attacca direttamente la presidente azzurra Maria Elisabetta Alberti Casellati.

A lasciare a Formigoni il vitalizio, con una sentenza destinata a salvare l’assegno anche a tanti altri condannati, sono stati Luigi Vitali, di Forza Italia, presidente della Commissione, e i leghisti Pasquale Sepe e Ugo Grassi, quest’ultimo un ex 5S. Contrari invece Alberto Balboni, di FdI, e Valeria Valente, del Partito democratico. Forti critiche per quella decisione sono arrivate quindi ieri dall’ex premier e leader in pectore del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, che ha parlato di “decisione erronea, che trasmette un messaggio profondamente negativo per i cittadini”.

I due leghisti che hanno restituito il vitalizio a Formigoni

Conte ha ricordato che la delibera dell’ex presidente del Senato, Pietro Grasso, del 2015 aveva stabilito lo stop ai vitalizi ai condannati in via definitiva per alcuni gravi reati, tra cui quelli di corruzione. “Ricorreremo a qualsiasi strumento possibile perché questa decisione sia riconsiderata”, ha concluso. Sulla stessa linea il ministro degli esteri, Luigi Di Maio, definendo la scelta fatta a Palazzo Madama “riprovevole”. Un problema per lo stesso Governo, sostenuto tanto dai giallorossi quanto da Lega e FI.

Matteo Salvini, come sempre, interpellato sul punto ha cercato di smarcarsi. “Non commento le vicende giudiziarie dei 5S e mi auguro che il figlio di Grillo risulti innocente”. “La tecnica di scappare dalla domanda non funziona più da tempo”, ha subito replicato il capogruppo M5S in Senato, Ettore Licheri. Che ha manifestato davanti a Palazzo Madama insieme alla vicepresidente Paola Taverna. Davanti alla sentenza a lui favorevole, a intervenire è stato poi anche lo stesso Formigoni. “Impressionante che Giuseppe Conte, fino a ieri presidente del Consiglio, non sappia rispettare le sentenze”, ha detto.

La grande fuga di Salvini dalle domande sui privilegi

La battaglia è appena iniziata e gli stessi dem sono allineati con i 5 Stelle. ‘’Noi riteniamo che dopo la decisione del Consiglio di garanzia, che ha annullato una delibera del Senato, sia assolutamente necessario e urgente valutare le iniziative da prendere nel Consiglio di Presidenza che è l’organo deputato. Per questo, abbiamo chiesto alla Presidente Casellati di convocarlo immediatamente mettendo al centro la questione’’, ha dichiarato ieri la presidente dei senatori dem, Simona Malpezzi.

Del resto, dopo due ore di discussione senza prendere una decisione sulla richiesta del Movimento di discutere in aula il caso della restituzione del vitalizio a Formigoni, l’atmosfera nella riunione dei capigruppo a Palazzo Madama si è fatta particolarmente tesa. E a sfogarsi è stata soprattutto la Taverna: “Negano il rilievo dello scandaloso privilegio che è stato restituito ai condannati del Parlamento”.

Blocco Navale per i migranti. Ecco perché la Meloni non ce la racconta giusta