Sanità pubblica, il Nord già se la gode alla faccia del Sud

Pubblicato il rapporto Gimbe sulla sanità pubblica. I dati sulle cure certificano un decennio di disuguaglianze.

Nei palazzi del potere si fa un gran parlare dell’esigenza che si arrivi a una vera ed effettiva autonomia differenziata. La cosa bella è che a chiederla sono soprattutto i governatori del Nord, nella maggior parte dei casi di centrodestra, ancor meglio se leghisti. Peccato però che i dati sulla sanità pubblica dicono chiaramente che da dieci anni già esiste un’autonomia differenziata. A tutto vantaggio del Nord.

Pubblicato il rapporto Gimbe sulla sanità pubblica. I dati sulle cure certificano un decennio di disuguaglianze

Con il Sud che inevitabilmente arrana. Quello che emerge, dunque, è ancora una volta una spaccatura tra Nord e Sud nel nostro Paese. Tra le Regioni che hanno assicurato le prestazioni sanitarie ai propri cittadini, in un decennio, in testa c’è l’Emilia Romagna mentre tra le prime dieci non compare nessuna Regione del Sud.

A tracciare il quadro il Report dell’Osservatorio Gimbe “Livelli essenziali di assistenza: le diseguaglianze regionali in sanità”, che analizzato i risultati dei monitoraggi annuali del ministero della Salute relativi al periodo 2010-2019, ultimo dato disponibile.

A questo punto, però, entriamo nel dettaglio. Innanzitutto c’è da dire che ogni anno, ricorda una nota Gimbe, il ministero della Salute pubblica il report “Monitoraggio dei Lea attraverso la griglia Lea” che, con l’assegnazione di un punteggio, attesta l’erogazione delle prestazioni sanitarie che le Regioni devono garantire ai cittadini gratuitamente o attraverso il pagamento di un ticket.

“Si tratta di una vera e propria ‘pagella’ per la sanità – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – che permette di identificare Regioni promosse (adempienti), pertanto meritevoli di accedere alla quota di finanziamento premiale, e bocciate (inadempienti)”.

Le Regioni inadempienti sono sottoposte ai Piani di rientro, strumento che prevede uno specifico affiancamento da parte del ministero della Salute che può sfociare sino al commissariamento della Regione. Non sono sottoposte alla verifica degli adempimenti: Friuli Venezia-Giulia, Sardegna, Valle D’Aosta e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Ma passiamo all’analisi.

L’Emilia Romagna in cima alla classifica per assistenza. Tra le prime regioni neppure una del Mezzogiorno

Dai dati emerge che alla testa della classifica per l’erogazione delle prestazioni si posiziona l’Emilia-Romagna con il 93,4% di adempimento, in coda la Sardegna con il 56,3% (Regione esclusa dal monitoraggio Lea). Tra le prime 10 Regioni anche Toscana (91,3%), Veneto (89,1%), Piemonte (87,6%), Lombardia (87,4%), Umbria (85,9%), Marche (84,1%), Liguria (82,8%), Friuli Venezia-Giulia (81,5%) e Provincia autonoma di Trento (78,8%). Agli ultimi 6 posti, oltre alla Sardegna, Provincia autonoma di Bolzano (57,6%), Campania (58,2%), Calabria (59,9%), Valle d’Aosta (63,8%) e Puglia (67,5%).

Nella prima metà della classifica si posizionano dunque solo due Regioni del centro (Umbria e Marche) e nessuna Regione del Sud, a riprova dell’esistenza di una “questione meridionale” in sanità. Da qualche mese, peraltro, esiste un nuovo sistema di punteggio, per il quale si considerano adempienti le Regioni che raggiungono la sufficienza su tutte e tre le aree di assistenza: prevenzione, distrettuale e ospedaliera.

Dalla sperimentazione ben 6 Regioni risultano inadempienti: la Calabria non raggiunge il punteggio minimo in nessuna delle tre aree; la Provincia autonoma di Bolzano in due aree e Valle d’Aosta, Molise, Basilicata e Sicilia in una sola area. A riprova, ancora una volta, che chi chiede una maggiore autonomia è esattamente chi nell’ultimo decennio ha beneficiato di un’accentuata disuguaglianza già esistente. E a cui bisognerebbe porre rimedio.