Saraceno: “Le proteste diventino proposte. Altrimenti non ci portano lontano”

Parla la sociologa Chiara Saraceno: il governo rifiuta di interloquire. "La gente si sente spatriata, altro che patriottismo".

Saraceno: “Le proteste diventino proposte. Altrimenti non ci portano lontano”

Da Milano a Napoli fino a Roma si moltiplicano le piazze contro la precarietà, il caro affitti, le ingiustizie. Chiara Saraceno, sociologa, dove portano queste proteste?
“Mi sembra sia un buon segnale che la società civile si organizzi per le proprie rivendicazioni. Certo, però, che se rimangono semplicemente movimenti di piazza e non trovano un’interlocuzione nella politica, e non intendo solo il governo ma anche l’opposizione, possono poco. Se non diventano anche proposta politica e rimangono protesta lasciano il tempo che trovano. La mobilitazione degli studenti a Milano ha avuto un minimo di impatto ma solo per quanto riguarda gli studentati. Ma il problema del caro-affitti non è solo degli studenti di Milano ma riguarda tanti e anche altre città. È una cosa nota che il costo degli affitti pesi di più sui ceti più modesti che sono quelli che di solito non possono comprare casa”.

Il 17 giugno il M5S scende in piazza per dire “Basta vite precarie”.
“Giusto, dopodiché vorrei anche delle proposte più articolate e concrete. Capire cosa dobbiamo fare e come nel contesto dell’attuale mercato del lavoro, quali sono le norme che bisogna mettere in campo. I Cinque Stelle hanno due-tre cose ma le hanno: il Reddito di cittadinanza, il salario minimo e la battaglia sui contratti a termine”.

Questo governo sembra allergico ai controlli e ai confronti.
“Quello che mi colpisce è il rifiuto anche solo di interloquire. Non solo questo governo non segue le indicazioni ma non ascolta, non interloquisce mai con qualcuno che non identifica come dalla sua parte. Io ho avuto un’esperienza diretta come responsabile di associazioni. Ogni proposta di incontro fatta ai ministri di questo governo, da Giuseppe Valditara a Eugenia Roccella, è stata ignorata. Una prassi che sfocia a volte nella maleducazione. Come ex presidente del comitato scientifico di valutazione del Reddito di cittadinanza, quando ho rimesso il mio mandato ho inviato una lettera formale al nuovo ministro del Lavoro dicendomi anche disponibile a dire cosa avevamo fatto ma non ho ricevuto nessuna risposta. Accanto al non volere i controlli c’è un’autoreferenzialità totale. Ascoltano solo quelli che considerano i propri amici e ignorano la società civile organizzata”.

Ieri il presidente Consob ha parlato, a proposito di inflazione, di possibile emersione di forme di violenza sociale.
“Il rischio che vedo è un aumento tragico delle disuguaglianze e al suo interno della povertà. L’inflazione è iniqua perché colpisce soprattutto i ceti più deboli che non possono ridurre di molto i propri consumi. Quello che si può temere è il ritrarsi delle persone, non sentirsi più parte di nulla altro che comunità di intenti, la patria eccetera. La gente si sente spatriata. E questo può avere effetti devastanti sulle giovani generazioni, considerato che abbiamo già tassi di povertà diseducativa altissimi e la più alta percentuale di ragazzi che né studiano né lavorano”.

Questa nuova versione del Reddito di cittadinanza è discriminatoria?
“Assolutamente sì. È in contrasto con la tendenza all’universalizzazione del sostegno a chi ha bisogno e anche con la raccomandazione Ue sul reddito minimo che pure questo governo ha firmato. Siamo tornati alle misure categoriali. Se in famiglia hai un minorenne, disabile o un anziano, hai diritto a un po’ di sostegno e neanche tantissimo. Perché tra l’altro gli adulti abili al lavoro in quei nuclei se non fanno i corsi di formazione, se non accettano il primo lavoro, perdono tutto. E questo significa far venir meno il sostegno anche ai minorenni o ai disabili. Questi squilibri c’erano anche prima ma con l’attuale Rdc vengono acuiti. Anche perché le possibilità di rifiutare cose indecenti sono state ulteriormente ridotte”.