Sceneggiata sul Salario minimo. Bluff delle destre alla Regione Lazio

Alla Pisana rinviata la votazione sulla mozione M5S sul Salario minimo. Che poi viene ritirata per il pressing della maggioranza.

Sceneggiata sul Salario minimo. Bluff delle destre alla Regione Lazio

La confusione regna sovrana nelle destre. Sul salario minimo l’impressione è che la maggioranza non abbia ancora capito cosa fare a livello nazionale. E per questo cerca di prendere tempo anche a livello regionale. Di fatto è quello che è successo nel Consiglio regionale del Lazio, dove ieri la maggioranza che sostiene il presidente, Francesco Rocca, ha chiesto di ritirare una mozione a sostegno della proposta di legge delle opposizioni parlamentari sul salario minimo.

Sul Salario minimo la maggioranza non sa cosa fare e cerca di prendere tempo anche a livello regionale

Un sistema attraverso il quale Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia rinviano una presa di posizione sul tema dei 9 euro l’ora di retribuzione ed evitano di votare un atto che potrebbe in qualche modo essere in contraddizione con ciò che sta facendo l’esecutivo a livello nazionale. In sostanza lo scopo della maggioranza era di prendere tempo, anche a livello regionale, per non assumere alcuna posizione sul salario minimo e aspettare che sia la premier, Giorgia Meloni, a dettare la linea sul tema. Più o meno la stessa strategia seguita a livello nazionale dalla destra di governo, coinvolgendo il Cnel e, nei fatti, buttando la palla in tribuna. Ma andiamo con ordine.

Alla Pisana rinviata la votazione sulla mozione M5S. Che poi viene ritirata per il pressing della maggioranza

Negli scorsi giorni il Movimento 5 Stelle ha presentato una mozione per il salario minimo. Un atto che non può portare all’istituzione della retribuzione minima oraria, su cui la Regione non ha reali poteri. Ma che, in caso di approvazione, avrebbe impegnato il presidente Rocca e la giunta regionale a sostenere tutte le misure che possano portare all’avanzamento dell’iter della proposta di legge che istituisce il salario minimo orario. “L’auspicio – sottolineava il capogruppo pentastellato in Regione, Adriano Zuccalà – è che i consiglieri di maggioranza dimostrino di avere a cuore il destino dei lavoratori piuttosto che le posizioni ideologiche”.

A questo auspicio aveva risposto il capogruppo di Fratelli d’Italia, Daniele Sabatini: “Stia tranquillo il consigliere Zuccalà, la maggioranza che governa la Regione Lazio ha a cuore i lavoratori, i loro diritti e soprattutto la loro dignità”. Premesse che hanno portato a una decisione inaspettata durante la seduta del Consiglio regionale di ieri, proprio su iniziativa di Sabatini. La situazione è cambiata anche per motivazioni non legate ai lavori consiliari, quanto a quelli parlamentari.

Il testo approderà a Montecitorio il 17 ottobre. Così i sovranisti prendono tempo aspettando la Camera

Nel primo pomeriggio di ieri, ben prima della votazione della mozione alla Pisana, è arrivata la notizia della calendarizzazione della proposta di legge delle opposizioni parlamentari in Aula alla Camera. La conferenza dei capigruppo ha stabilito che il testo approderà nell’Aula di Montecitorio il 17 ottobre. Data in linea con la richiesta della presidente Meloni di ricevere dal Cnel una proposta sul lavoro povero, attesa proprio entro quei giorni. Vedendo che la situazione era cambiata e che il voto decisivo sul salario minimo sarà quello della Camera a ottobre, anche la maggioranza in Consiglio regionale ha preferito correre ai ripari ed evitare qualsiasi decisione che poteva magari essere smentita a livello nazionale.

Proprio per questa ragione, Sabatini ha chiesto al Movimento 5 Stelle di ritirare la mozione. Considerando le nuove interlocuzioni in corso sul tema, ma soprattutto il rischio di farsi bocciare una mozione che poi non sarebbe stato possibile ripresentare in futuro (magari dopo un voto della Camera), i 5 Stelle Zuccalà e Novelli hanno deciso di fare retromarcia. E la mozione è stata ritirata. Così la destra è riuscita a far slittare ogni votazione sul salario minimo e a rinviare, così come fatto più volte anche a livello nazionale, la discussione sul tema: rimandare è più semplice che decidere, evidentemente.