La scelta politica dell’astensionismo massiccio e organizzato sponsorizzato dalle destre al governo, che si è nutrito della scarsa informazione sui contenuti dei referendum, ha avuto la meglio. I cinque quesiti su lavoro e cittadinanza non hanno raggiunto il quorum. Ma quel 30,5 per cento della popolazione che è andato a votare si è schierato a larghissima maggioranza per i diritti sul lavoro.
I sì ai quattro quesiti promossi dalla Cgil, che smontavano parte del Jobs act, hanno abbondantemente superato l’87 per cento. Il quesito per dimezzare da dieci a cinque gli anni per ottenere la cittadinanza si è dimostrato invece più fragile. I sì hanno viaggiato sul 65%.
Landini: non ha perso la Cgil ma la democrazia
“Il nostro l’obiettivo era raggiungere il quorum, è chiaro che non lo abbiamo raggiunto. Oggi non è una giornata di vittoria. Contemporaneamente gli ultimi dati ci dicono che sono oltre 14 milioni le persone che hanno votato nel nostro Paese cui si aggiungeranno gli italiani all’estero: un numero importante, un numero di partenza. I problemi che abbiamo posto con i referendum rimangono sul tavolo”, ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini.
“Una certa politicizzazione dei referendum non ha permesso di discutere di contenuti. Negli ultimi giorni alcuni esponenti di governo interrogati sui quesiti non sapevano i contenuti e contemporaneamente chiedevano di non andare a votare. Un elemento di responsabilità grave. Non stanno mettendo in discussione la Cgil, in gioco c’è la democrazia del Paese”, ha insistito Landini.
“Sì, la democrazia costa. Mi dovrei preoccupare che per ridurre i costi non si debba andare a votare?”, domanda il segretario, ricordando che “avevamo chiesto si votasse insieme alle comunali, al primo turno”. Ma il governo ha deciso di accorpare i referendum ai ballottaggi.
“Siamo nel pieno di una crisi democratica e dentro una crisi del lavoro senza precedenti”, ha detto il leader della Cgil.
Conte: rispetto per 15 milioni di voti. Schlein: ne riparliamo alle Politiche
“Leggo dichiarazioni ed esultanze sguaiate dei ‘tifosi’ della politica. Portate rispetto a circa 15 milioni di cittadini che sono andati a votare”, ha detto il leader del M5S, Giuseppe Conte.
“Credo che lo strumento del Referendum – ha osservato – vada rivisto nelle modalità e nei paletti, abbassando il quorum in un Paese che affoga nell’astensione: bisogna premiare la partecipazione, la scelta. Soprattutto in un contesto in cui poteri con gran parte dell’informazione in mano inquinano le acque, in cui pochissimi decidono per tutti, in cui molti italiani non hanno quasi mai sentito parlare di questo Referendum per mesi”.
Rincara la dose la leader del Pd. “La differenza tra noi e la destra di Meloni è che oggi noi siamo contenti che oltre 14 milioni di persone siano andate a votare, mentre loro esultano perché gli altri non ci sono andati. Ne riparliamo alle prossime politiche”, ha dichiarato Elly Schlein.
Esulta il centrodestra: governo rafforzato, sinistra indebolita
Esulta il centrodestra. “E’ stata una sconfitta della sinistra, dell’opposizione che voleva tentare l’assalto al governo utilizzando il grimaldello dei referendum. La cosa è andata male, il governo si è rafforzato, l’opposizione si è indebolita”, ha detto il vicepremier di FI e ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
“Grande rispetto per chi è andato a votare. Ma c’è una enorme sconfitta per una sinistra che non ha più idee e credibilità e che non riesce a mobilitare neanche i propri elettori”, ha commentato il vicepremier leghista e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini.
“Le opposizioni hanno voluto trasformare i 5 referendum in un referendum sul governo Meloni. Il responso appare molto chiaro: il governo ne esce ulteriormente rafforzato e la sinistra ulteriormente indebolita”, ha dichiarato Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.