Sconosciuti o irraggiungibili, che spreco i siti del Governo. Una buona parte dei 200 portali è offline, alla faccia dei soldi pubblici spesi

Siti obsoleti, qualche volta del tutto abbandonati, sicuramente poco noti agli utenti. E tutti hanno un comune denominatore: sono stati pagati con i soldi pubblici

Siti obsoleti, qualche volta del tutto abbandonati, sicuramente poco noti agli utenti. E tutti hanno un comune denominatore: sono stati pagati con i soldi pubblici. Peraltro, anche quando sono nati con la migliori intenzioni e sotto gli stemmi della presidenza del Consiglio, i risultati sono scadenti in termini di successo. È il caso del portale dedicato all’osservatorio per il contrasto alla pedofilia: l’indirizzo www.osservatoriopedofilia.gov.it risulta inaccessibile. E che dire poi di partecipa.gov.it? Sotto la spinta del Dipartimento della Funzione pubblica di Palazzo Chigi, è stato fondato per favorire addirittura l’Open Government. Peccato che tra le “consultazioni più recenti” ci sono iniziative dello scorso anno. E del resto la sequenza storica delle scadenze testimonia un coinvolgimento non proprio quotidiano. E ancora: in un Paese che avrebbe bisogno di una grande opera di semplificazione, risulta davvero emblematico che il sito semplificaitalia.it non sia più raggiungibile. Per carità, il dominio è registrato, ma di certo non fornisce il servizio che si proponeva con la sua denominazione. Anche il Fondo nuovi nati, pensato per dare un aiuto economico alle famiglie e alle genitorialità, ha un apposto indirizzo web. Ma risulta irraggiungibile.

Le conseguenze – Il risultato è sotto gli occhi di tutti: lo spreco di risorse pubbliche in operazioni di comunicazione su Internet con risultati deludenti. I singoli esempi aiutano a comprendere il quadro complessivo. La Notizia ha rintracciato oltre 200 siti riconducibili a Palazzo Chigi e ai vari ministeri. Molti sono dichiaratamente inattivi, altri sono finiti piano piano nell’oblio. Ma attenzione: la loro creazione è costata qualcosa alle casse statali. In certi casi si parla di poche centinaia di euro, in altri si ragiona in termini di migliaia di euro. Basti pensare al caso di verybello.it del ministero dei Beni culturali, al cui comando c’è Dario Franceschini. Ma ogni ministro ha la propria croce di portali abbandonati al proprio destino. È il caso di dati.salute, che fa riferimento al ministero guidato da Beatrice Lorenzin: si poneva l’obiettivo di mettere a disposizione dei cittadini informazioni sanitarie importanti. Ma gli ultimi dati consultabili sono del 2015. Amaro destino anche per il sito sulla tanto decantata spending review: revisionedellaspesa.gov.it è sostanzialmente fermo dalla fine del mandato di commissario di Carlo Cottarelli. Che risale al 2014. Ancora meno fortunato è il sito ideato per raccogliere le statistiche sui Beni culturali. L’indirizzo web, con una grafica tutt’altro che adeguata ai tempi, non risulta aggiornato dal 30 giugno 2016. E al suo interno non ci sono contenuti. La lista prosegue con cantierecrescita.gov.it, progettato per favorire la trasparenza sugli investimenti dei ministeri: oggi è inaccessibile. Come il portale che ha celebrato la prima guerra mondiale: costato migliaia di euro e lasciato al proprio destino alla fine delle celebrazioni. Perché la memoria storica serve solo per le ricorrenze.

Agenzia con pochi poteri – L’Agenda per il Digitale (Agid), contattata da La Notizia, ha spiegato di essere impegnata in prima linea per migliorare l’attività di comunicazione online. Lo scopo è duplice: uniformare la grafica, con un design moderno, e fornire i consigli per evitare sprechi. Per questo motivo sono state diffuse delle linee guida relative alla progettazione dei siti della Pubblica amministrazione. A questo schema, in verità, hanno già aderito, tra gli altri governo.it, il ministero dello Sviluppo economico e quello del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. La questione è però un’altra: l’Agid ha un potere limitato. Basta che ogni ente, anche locale, decida di creare un sito per qualche motivo. A quel punto deve fornire il proprio codice Ipa (Indice delle Pubbliche Amministrazioni) per ricevere l’estensione “.gov”. Appena ottenuto il via libera, l’ente può agire del tutto autonomamente senza consulto né preventivo né a posteriori. Vanificando ogni sforzo rivolto alla riduzione di sperperi e siti con accessibilità vicina allo zero.