Scontro al Senato sul 25 aprile. Le destre riscrivono la storia

Sul 25 aprile ieri al Senato è andata in scena una grottesca guerra a suon di mozioni che sono state entrambe approvate.

Scontro al Senato sul 25 aprile. Le destre riscrivono la storia

Sembra proprio che in Italia ogni occasione è buona per alzare un inutile polverone politico. Non fa eccezione la ricorrenza del 25 aprile, giorno in cui si celebra la Festa della Liberazione dal nazifascismo, su cui ieri è andata in scena una grottesca guerra a suon di mozioni che sono state entrambe approvate. Da un lato quella del Centrosinistra, la quale si richiama al discorso di inizio legislatura da parte della senatrice a vita Liliana Segre – la quale ha precisato di non aver firmato nessuna mozione – con cui chiedeva di “impegnarsi ad adottare le iniziative necessarie affinché le commemorazioni delle date fondative della nostra storia antifascista si svolgano nel rispetto della verità storica condivisa”, dall’altro quella delle destre che prova a infilare dentro diverse ricorrenze – alcune delle quali addirittura esterne alla Seconda guerra mondiale – in nome di una fantomatica “accuratezza storica” ma che sembra per lo più il tentativo di annacquare una ricorrenza che si fonda sull’antifascismo.

Sul 25 aprile ieri al Senato è andata in scena una grottesca guerra a suon di mozioni che sono state entrambe approvate

Con queste premesse, annunciate già nei giorni scorsi, era chiaro che a Palazzo Madama il clima sarebbe stato infuocato. E infatti la previsione si è rivelata del tutto azzeccata visto che le due mozioni sono state entrambe approvate ma con numeri ben diversi. Quella unitaria del Centrosinistra, infatti, ha ottenuto un plebiscito con 133 Sì e un solo astenuto mentre quella del Centrodestra è passata con appena 78 voti favorevoli provenienti dai gruppi di Fratelli d’Italia, Coraggio Italia, Forza Italia e Lega, ricevendo ben 29 voti contrari e contando pure 26 astenuti.

Che questo sarebbe stato l’esito della votazione, segnando l’ennesima spaccatura in un Paese che non riesce a mostrarsi unito neanche nei momenti celebrativi, lo si era capito dalle polemiche che hanno infuocato l’Aula di Palazzo Madama già durante le dichiarazioni di voto. Ad aprire le danze è stato Walter Verini del Pd che ha spiegato: “La mozione che tutte le forze di opposizione hanno presentato vuole ricordare e impegnare tutte le istituzioni a celebrare e trasmettere i valori di date nelle quali si fondano la nostra democrazia e la nostra convivenza civile. Sono tante le occasioni che il calendario ci offre, che celebriamo con sincera partecipazione, ma non crediamo possano esserci dubbi sul fatto che il 25 Aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo, il 1 maggio, festa del lavoro e il 2 giugno, festa della Repubblica, siano quelle che più di tutte costituiscono l’identità nazionale, il ponte tra memoria e futuro, il dna di un paese, di una nazione”.

Ma lo stesso, ben conscio delle polemiche che di lì a poco sarebbero infuocate, ha poi teso la mano alla maggioranza spiegando di non avere “imbarazzo alcuno a ribadire giudizi drasticamente inequivocabili su tragedie della storia del novecento. I lager sovietici, i massacri staliniani. Abbiamo ogni anno reso omaggio alle persone massacrate nelle foibe, ai profughi giuliano-dalmati. Ma nel nostro Paese c’è stato un regime fascista. E i comunisti italiani si sono battuti per la libertà. Se oggi tutti noi siamo qui, è perché in Italia ci sono stati la resistenza antifascista e il 25 Aprile”.

Nel testo della maggioranza manca la parola “antifascismo”. M5S e Pd votano contro

Insomma è chiaro che ci siano state storture da ambo le parti ed è sacrosanto denunciarle e ricordarle, cosa che effettivamente accade per ricorrenze come l’eccidio delle Foibe che si celebra il 10 febbraio nel Giorno del ricordo, ma quella del 25 aprile è la Festa della liberazione dal nazifascismo e va celebrata per quello che è. Una posizione che, evidentemente, non va giù alle destre che sembrano decise a portare avanti una campagna di revisionismo storico. Proprio per questo il senatore Raffaele Speranzon, vicecapogruppo vicario di Fratelli d’Italia a palazzo Madama, illustrando la mozione di maggioranza sul 25 aprile ha avuto parole ben poco concilianti: “Ci sono delle date fondamentali nella memoria storica del nostro popolo che rappresentano la coscienza nazionale. Qualcosa che va condiviso. Storie di libertà e democrazia che devono eliminare ogni forma di totalitarismo e intolleranza. Sono pagine significative per la nostra unità. Date come il 9 novembre, giorno della libertà che ricorda l’abbattimento del muro di Berlino. E il 25 aprile che deve diventare una festa della riconciliazione, come ci ha insegnato il presidente Ciampi”.

Per questo, spiega, “credo che l’antifascismo sia stato oggetto di una appropriazione indebita e uno stravolgimento del suo significato originale. Doveva essere il valore unificante tra destra e sinistra, ma è diventato un elemento divisivo. Non perché i moderati di centrodestra sono meno antifascisti, ma perché non sono antifascisti come vorrebbe la sinistra: impegnata a distribuire patenti di libertà. E che nella sua storia ha condotto ad atti di efferata violenza in nome dell’antifascismo come il rogo di Primavalle. Ricordo, infine, la risoluzione del Parlamento Ue non votata dalla sinistra che aveva l’obiettivo di condannare ogni forma di totalitarismo novecentesco. Un comportamento indecente. E noi lezioni da chi difende le dittature non le accettiamo”.

Ricorrenze e fatti che sembrano aver ben poco a che fare con la celebrazione della Festa della liberazione ma che, come previsto nella mozione di maggioranza, si vorrebbero in qualche modo includere. Una mozione, quella del Centrodestra, che oltretutto nel suo testo ‘dimentica’ perfino di inserire la parola “antifascismo” come fanno notare le opposizioni. “I diritti, le libertà che ci appartengono, di cui oggi godiamo, sorgono quel giorno di 78 anni fa e noi abbiamo il compito di essere degni custodi di queste libertà e di appellarci alla pace” spiega la senatrice M5S, Anna Bilotti. La stessa poi spiega che “il fascismo è l’antitesi delle fedi politiche, disse il presidente Pertini. È forse oggi anacronistico ricordarlo? Io non credo, non lo è e non può esserlo fino a quando non cesseranno i tentativi di svuotare di significato queste parole e le tentazioni di revisionismo”.

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