L’indagine sui vertici di AdI ripropone la questione ambientale per l’ex Ilva. Benedetta Scuderi, co-portavoce dei Giovani Verdi europei, è la dimostrazione che la transizione climatica è sempre stata messa in disparte?
“È la dimostrazione che la transizione non è mai iniziata. L’Ilva ne è l’emblema, perché l’inquinamento ambientale non è mai cessato, lo ha dimostrato l’indagine: la quantità di sostanze inquinanti è aumentata. Vuol dire che quanto promesso sulla transizione dell’Ilva non è avvenuto, ma era evidente anche quando era stata scelta ArcelorMittal perché sapevamo quello che era successo in Francia. Ed è un’altra prova che la transizione non si fa perché gli ambientalisti sono fanatici, ma si deve fare per la salute delle persone. L’ex Ilva ci dice che non aver creato un altro approccio industriale sta facendo sì che la salute sia sempre più compromessa”.
Con il commissariamento dell’ex Ilva è sparita la decarbonizzazione: non è più una priorità per l’Italia e per questo governo?
“Ma è evidente che non sia una priorità per questo governo, non lo è mai stato dal discorso di insediamento di Meloni. Non c’è una strategia sulle rinnovabili, non hanno redatto un piano industriale di transizione e non hanno stanziato fondi per il piano di adattamento ai cambiamenti climatici. Ce lo dicono anche affermazioni come quelle di Salvini che ha più volte confermato di negare la correlazione tra il cambiamento climatico e l’attività umana. Ma questo ci fa male, la non decarbonizzazione e l’immobilismo ci hanno fatto perdere in 40 anni 210 miliardi e 17 nel solo 2022”.
L’Italia e l’Ue stanno mettendo in secondo piano il tema della transizione industriale? Si è tornati, dopo la pandemia e la crisi energetica, a ritenere non fondamentale la sostenibilità ambientale?
“Non è più fondamentale forse per chi fa le norme, ma è sempre più fondamentale per la realtà dei fatti, perché gli eventi climatici estremi sono sempre più ricorrenti e imponenti. La necessità della transizione è sempre più rilevante, ma effettivamente c’è una marcia indietro. Perché i governi stanno andando sempre più a destra e con l’avvicinarsi delle elezioni europee la parte più conservatrice del Parlamento europeo, che si era un po’ aperta, si sta appiattendo sul negazionismo dell’estrema destra. Mettono a repentaglio il futuro della popolazione per qualche voto in più”.
Teme che un bis di von der Leyen possa portare una svolta a destra a scapito dell’ambiente?
“C’è un grande rischio. La presidente von der Leyen dice che continuerà con il Green Deal, ma nei fatti sta facendo dei passi indietro. L’ha fatto sui target climatici, sui pesticidi, sulle auto elettriche. Sta cavalcando una necessità elettorale. Ciò che succederà nella prossima legislatura dipenderà dalle elezioni di giugno, non è scritto nulla. L’abbiamo visto anche in Italia con il fronte di centrosinistra che si sta ricompattando. Abbiamo visto quello che è successo in Spagna, in Polonia, ci sono segni che ci fanno dire che non è scritta l’ultima parola. In questo assetto di incertezza, il 9 giugno decideremo che Europa vogliamo”.
I Verdi nell’Unione europea propongono 200 miliardi per la transizione: per fare cosa e pensate di trovare le risorse con una tassa sui patrimoni?
“Sì, i 200 miliardi si rifanno proprio alla tassazione dei grandissimi patrimoni, che vanno oltre i 4-5 milioni, con una tassazione progressiva. Solo questo garantirebbe 200 miliardi in tutta l’Ue. In più pensiamo a una tassazione sugli extraprofitti e a una lotta ai paradisi fiscali nell’Ue. Solo queste misure sui patrimoni comporterebbero per l’Italia 30 miliardi da spendere nella decarbonizzazione: per l’elettrificazione, per creare posti di lavoro, per la ristrutturazione dell’edilizia pubblica e sociale. Per un miglioramento totale del benessere di tutta la popolazione”.