Nove edifici scolastici su dieci, in Italia, non sono pienamente a norma di sicurezza. Su circa 40 mila plessi statali, 36 mila risultano privi di una o più certificazioni obbligatorie; 3.588 scuole sono totalmente sprovviste di ogni documento previsto, con circa 700 mila persone tra studenti e personale che ogni giorno entrano in strutture «completamente irregolari». Il dato arriva dal dossier di Tuttoscuola, che incrocia gli open data dell’Anagrafe nazionale dell’edilizia scolastica del MIM (pubblicati il 14 luglio) relativi all’a.s. 2023/24 e verifica, edificio per edificio, il possesso delle cinque certificazioni chiave: agibilità, prevenzione incendi, omologazione della centrale termica, piano di evacuazione, DVR.
La mappa delle irregolarità
Il Paese è spaccato anche qui. Gli edifici totalmente privi di certificazioni sono 3.588: da zero in Valle d’Aosta a 674 in Campania. In termini percentuali, l’Abruzzo è il fanalino di coda: quasi un terzo delle scuole (32,4%) è senza alcun documento; seguono Campania e Calabria. Due terzi dei plessi completamente irregolari si concentrano nel Mezzogiorno, a conferma di una fragilità territoriale che si somma a quella edilizia.
All’altro estremo, appena un edificio su dieci (9,8%) possiede la totalità degli atti. In valori assoluti guida la Lombardia (949 scuole), poi Veneto (526), Piemonte (408), Emilia-Romagna (394). Per incidenza percentuale spicca la Valle d’Aosta (26,6% di scuole “in regola”), mentre il Lazio non arriva al 2% e la Liguria è l’unica regione del Nord sotto la media nazionale.
Il dossier ricorda che il quadro non è frutto di un’emergenza improvvisa ma di stratificazioni decennali: carenze di programmazione, burocrazia, scarico di responsabilità, risorse e competenze tecniche insufficienti negli enti proprietari (Comuni e Province), oltre a un patrimonio edilizio spesso inadeguato. Il 17% degli edifici è nato per altri usi ed è stato adattato a scuola; molti sono vincolati storici; migliaia sono in ristrutturazione. Intanto, il MIM rivendica il più grande ciclo di investimenti della storia recente (PNRR e altri fondi): interventi in corso su oltre 10 mila edifici, i cui esiti però non sono ancora riflessi nei dati 2023/24.
Che cosa manca e chi decide
Il senso dei numeri è semplice: mancano documenti di legge senza i quali non si può parlare di sicurezza piena. Non significa che ogni scuola sia pericolante, ma significa che lo Stato non ha prove aggiornate e certificate che quell’edificio rispetti norme essenziali. È un problema giuridico e materiale. La «cabina di pilotaggio» per gli stabili è degli enti locali, proprietari degli immobili e responsabili di agibilità e manutenzioni; al Ministero spetta il ruolo di impulso, controllo dei dati e programmazione. Servono priorità, cronoprogrammi pubblici e responsabilità chiare per ridurre una zona grigia che oggi riguarda milioni di ore di lezione.
Dal fronte scuola arriva un monito: «La scuola deve essere un luogo sicuro. Si parla di sicurezza troppo poco, con misure temporanee che non attaccano il nodo strutturale», osserva la Uil Scuola, chiedendo interventi organici e continui. Anche dall’opposizione si segnala la criticità del rischio sismico e la necessità di collaudi e progetti antisismici dove il pericolo è maggiore. Sono richieste che misurano la distanza tra annunci e cantieri effettivi, e che si confrontano con la geografia disegnata dai dati.
La notizia, dunque, è doppia: il 90% non è “a norma” oggi e appena il 10% lo è. Il primo numero impone una verifica puntuale e piani di messa a norma edificio per edificio; il secondo dice che l’eccellenza non è la regola. Se il PNRR vuole lasciare un segno, dovrà essere valutato su questo: quante scuole, entro date certe, passeranno dagli annunci alle certificazioni, dalla fiducia ai documenti. I ragazzi e chi li accompagna hanno diritto a prove, non a rassicurazioni.