Se fallisce il coprifuoco il lockdown non è più un tabù. Sale il pressing dei rigoristi. Dal Governo possibili misure più drastiche

L’intervento alla Camera di ieri del premier Giuseppe Conte sulle ultime misure adottate per contenere i contagi da Covid-19 è stato fotocopia di quello tenuto il giorno prima al Senato. Fatta eccezione per due passaggi che vale la pena richiamare perché la dicono lunga sul forte pressing in atto nel governo per aggiornare il dpcm di domenica con interventi più incisivi. “L’Italia è oggi in una situazione ben diversa rispetto a quella del mese di marzo”, ha dichiarato alle due Camere Conte. Ma a Montecitorio ha aggiunto: “Anche se pure questa situazione si sta rivelando molto critica”. E ancora: “Siamo ancora dentro la pandemia, il costante aumento dei contagi ci impone di tenere l’attenzione altissima. Stavolta, forti dell’esperienza della scorsa primavera, dobbiamo adoperarci rimanendo vigili, prudenti”, ha detto tanto alla Camera quanto al Senato.

Ma a Montecitorio ha aggiunto: “Pronti a intervenire nuovamente se necessario”. Domenica scorsa, giorno in cui è stato partorito l’ultimo dpcm, il premier ha cercato di non venir meno alla sua linea della guardia alta ma con prudenza: solo misure proporzionate. E ha resistito alle spinte dei ministri a partire da Pd (Dario Franceschini) e da Leu (Roberto Speranza) che gli chiedevano da subito interventi più duri per arrestare la curva dei contagi. Ma ora qualche dubbio si è insinuato. I numeri sono via via più allarmanti e cresce il pressing sempre da parte degli stessi partiti (Pd e Speranza in testa) per disposizioni più ferme. E il premier se ne sarebbe convinto. “Sinceramente mi aspettavo una risposta più incisiva, con meno margini di discrezionalità, ora una stretta mi sembra inevitabile”, avvisa il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando. Il nostro nemico è il coronavirus, dice Nicola Zingaretti, non le regole per sconfiggerlo.

Da Palazzo Chigi qualche giorno fa hanno assicurato che in merito alle indiscrezioni su nuove misure in arrivo nulla è in preparazione ma, certo, non si può escludere di dover intervenire nelle prossime settimane: tutto dipenderà dalla curva epidemiologica. Una decisione è attesa, intanto, sulle palestre a cui era stata data una settimana di tempo per adeguarsi ai protocolli. Alla chiusura di queste si oppone il ministro Vincenzo Spadafora sebbene per altri suoi colleghi sia inevitabile. E già qualcuno parla, qualora la curva dei contagi e i numeri delle terapie intensive dovessero aggravarsi, di chiudere le attività non essenziali e di trasformare gli appelli di Conte per evitare spostamenti non necessari in un divieto. Altre ipotesi riguardano un più massiccio ricorso allo smart working, una stretta ai centri commerciali e più in generale ai luoghi deputati alla socialità. Mentre si lavora ad armonizzare le risposte delle Regioni.

Walter Ricciardi, professore di igiene all’Università Cattolica e consigliere di Speranza, è tra i più attivi nel chiedere misure più severe rispetto a quelle attuali: “Il lockdown generalizzato si può evitare se vengono prese misure rapide, urgenti, forti e adesso ma non con quelle prese attualmente. Ci troviamo di fronte a un andamento esponenziale perché non abbiamo fatto quello che avremmo dovuto fare due settimane fa”. Più prudente Massimo Galli, direttore Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, che concede altri 20 giorni di tempo.

“Se la tendenza – dice – non viene invertita nei prossimi 15-20 giorni è molto probabile che saranno necessari poi interventi molto più drastici. è aritmetica più che scienza”. E continua il rimpallo di colpe tra M5S e Pd su scuola e trasporti. “Ma come – è il ragionamento dei 5Stelle – dal Pd per tutta l’estate hanno fatto pressione affinché la scuola aprisse in sicurezza e ora i loro governatori adottano misure stringenti?”. Tutto questo “quando è riconosciuto che le scuole siano tra i luoghi maggiormente garantiti. La stessa cosa non si può dire dei trasporti pubblici”.