Seimila morti di amianto ogni anno, ma lo Stato tace: dopo 23 anni dalla messa al bando, ancora presenti 40 milioni di tonnellate. E ora si teme per il picco che ci sarà dal 2020

I dati sono sconcertanti. Oltre seimila persone ogni anno perdono la vita per l’insorgenza di patologie derivanti dal contatto con l’amianto. Oltre 4500 mesoteliomi registrati dal 2009 al 2011. Nel 90% dei casi per gli uomini e nel 50% per le donne la patologia è di origine professionale. Seicentoventi casi, per esposizione professionali, registrati nel comparto Difesa (il 4,1% del totale); 63 nel settore della scuola. Sono queste le cifre contenute nel primo rapporto sui mesoteliomi redatto dall’Ona, l’Osservatorio Nazionale Amianto. Il mesotelioma, come si sa, è diretta conseguenza dell’esposizione all’amianto e in Italia, a vent’anni dalla legge che imponeva la bonifica dall’Eternit (257/1992), ci sono ancora più di 40 milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto, distribuiti in più di 40mila siti e in oltre un milione di micrositi che disperdono polveri e fibre. “In Italia – denuncia l’Ona – tutte le politiche governative approcciano il problema amianto solo sotto il profilo indennitario, intervenendo quando la patologia è conclamata”. Un problema non da poco, considerando la latenza delle patologie asbesto correlate. La manifestazione infatti può avvenire anche a 40-50 anni dalla prima esposizione, ed essendo l’amianto utilizzato tra gli anni ‘60 e ‘80, il picco delle malattie è previsto dal 2020, con andamento costante fino al 2030. L’Osservatorio ha censito tra il 1993 e il 2011 quasi 21mila casi. Colpa anche delle importazioni di amianto grezzo che sono proseguite dopo il 1992, anno della messa al bando. E che continuano ancora oggi.