Sembrava Mare Nostrum, invece è Mar Morto

Di Oscar Cromato

La Marina Militare italiana spende tutti i soldi che riceve dallo Stato per portare a termine i compiti dell’operazione Mare Nostrum. In cassa ogni mese entrano 9,2 milioni per tutte le spese di manutenzione. Ma ne escano altrettanti per il carburante e i costi necessari per mantenere operative navi, elicotteri e aerei che vengono impiegati per Mare Nostrum, che prevede il pattugliamento e lo svolgimento di compiti militari e umanitari. In totale si spendono in un anno 114 milioni. Una missione vera e propria che però il Viminale vuole interrompere. Perché a giudizio del ministro Alfano la questione degli sbarchi degli immigrati riguarda tutta l’Europa e non solo l’Italia. Mare Nostrum inizia con il Governo Letta il 18 ottobre 2013. Da allora secondo i dati ufficiali della Marina Militare sono stati 113.000 i soccorsi in mare. L’Italia chiede all’Europa che sia Frontex a sostituire Mare Nostrum ma Frontex, così com’è oggi, non avrebbe i mezzi per un simile lavoro.

I soldi di Frontex
L’Agenzia per il controllo delle frontiere ha sede a Varsavia, non ha un solo mezzo, nave o agente operativo, si limita a finanziare le operazioni nei vari Paesi, e più che di soccorso di occupa di addestramento, analisi del rischio e ricerca. Operativa dal 2005 oggi ha circa 300 dipendenti e un budget che si aggira sui 90 milioni l’anno. Nel suo budget però Frontex usa per le operazioni solo il 60% circa; il restante 40% resta per il mantenimento dell’Agenzia stessa: 5 milioni per la sede, altri 33 circa per le spese amministrative, personale e sviluppo. Di quel 60% poi solo la metà viene usato per le operazioni in mare, e appena il 50% di questa parte viene destinato all’Italia: circa 13 milioni e mezzo di euro, cifra che basta per fronteggiare le spese di un solo mese e mezzo.

Ora tocca all’Europa
Oggi il ministro Alfano avrà il suo Frontex del porto con Bruxelles. Ribadirà al commissario Ue agli Affari interni, Cecilia Malmstroem, che l’Italia da sola non può più farcela. E se Mare Nostrum chiuderà i battenti il Mediterraneo diventerà davvero un porto di mare. Ma anche i tecnici europei hanno capito l’andazzo. Ora c’è da scegliere la forma da dare a questa nuova «Frontex plus». Si parla di Paesi «contributori», di unità navali ed aerei da mettere in campo, di costi, di fasce di mare da pattugliare, di forme di cooperazione tra i due dispositivi navali, alleggerendo lo sforzo che grava su Mare Nostrum. L’obiettivo di massima sarebbe quello di portare al prossimo consiglio de ministri degli affari interni Ue, in programma a Lussemburgo per il 9 e 10 ottobre.

La missione Atalanta
Far diventare Mare Nostrum una missione multinazionale a guida italiana, sul modello della missione Atalanta dell’Ue per il contrasto alla pirateria: è la proposta lanciata dal capo di Stato maggiore della Marina, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi. «Consentirebbe – ha spiegato – un’importante divisione dei costi. Vedrei bene una soluzione come quella della missione antipirateria Atalanta con cui l’Unione europea contrasta la pirateria marittima lungo le coste del Corno d’Africa. L’operazione potrebbe avere un comando prevalentemente italiano basato sulla struttura a terra del comando in capo della squadra navale, a Roma, o un comando a rotazione, su cui convergono, con mezzi e risorse, le forze delle varie nazioni maggiormente interessate al problema, come Francia e Spagna. Ciò sarebbe uno strumento importantissimo per la condivisione dei costi. Il problema poi non si risolve solo salvando naufraghi in mare, ma siccome c’è un subcontinente intero che si sta muovendo bisognerà poi affrontare assieme all’Ue, all’Onu, le questioni che stanno a monte e che generano le grandi migrazioni». Ma le casse della Marina continuano a lanciare un Sos che nessuno ascolta. «Possiamo andare avanti solo se ci rimborseranno – chiude il capo di Stato maggiore – queste spese e abbiamo ricevuto assicurazioni. Diversamente non ce la facciamo».