Sempre più drogati dai Social. Tocca ai colossi web curarci. Dati allarmanti sull’assuefazione da Internet. E il Consiglio d’Europa valuta le terapie

Il numero di persone ormai assuefatte ai social è a livelli allarmanti

Il Gruppo Pompidou, l’organo del Consiglio d’Europa specializzato sull’elaborazione di politiche antidroga che rispettino i diritti umani, ci fa sapere che “i sondaggi condotti in Europa e negli Usa indicano che la percentuale di persone assuefatte a Internet è a livelli allarmanti tra 1,5 e 8,2% degli utilizzatori e che “l’assuefazione ad Internet si è trasformata in una vera patologia”. Quello che sta inoltre emergendo è che per continuare a “giocare, chattare, navigare, scommettere, per ore e ore si assumono anfetamine”.

Si sta quindi creando un ponte tra due tipi di assuefazioni che si rafforzano a vicenda, quella dell’uso eccessivo delle tecnologie di comunicazione e quella dell’uso di cocaina e droghe similari. Nell’immediato futuro l’organo del Consiglio d’Europa si concentrerà sui possibili rimedi per arginare il problema. Quali? Uno potrebbe essere, ad avviso di molti, quello di far pagare una fee per utilizzare i social, ora tutti gratuiti, trasformandoli in servizi offerti in abbonamento tipo Netflix.

Ma qui si apre un tema delicato: ma i social oggi sono realmente gratuiti? Per rispondere bisogna partire da una precisazione: gli utenti (cioè tutti noi) non sono i veri clienti dei social; i veri clienti sono invece le aziende che pagano la pubblicità e quelle che pagano per avere i (nostri) dati sulla Rete. Per i social gli utenti-consumatori rappresentano più delle risorse naturali da cui estrarre ricchezza (i dati personali, i comportamenti) che non degli utilizzatori di servizi. Da ciò si può argomentare che seppure non paghiamo un prezzo esplicito per “stare” sui social esiste, ed è sempre più evidente, un costo occulto che è quello che scontiamo in termini di riduzione del livello della privacy.

Difatti, siccome non li paghiamo direttamente, Facebook e soci sono poco incentivati a trattare i nostri dati con la cautela e con il rispetto dovuto. L’eventuale insoddisfazione degli utenti imbufaliti è molto meno temuta dai grandi gestori delle piattaforme che non quella dei clienti veri e propri (cioè quelli portano i soldi). Ciò premesso, sarebbe realisticamente possibile renderli a pagamento? Il giornalista economico Jeff Spross ha fatto qualche calcolo: Facebook nel 2016 ha guadagnato 27,6 miliardi di dollari e quell’anno registrava 2 miliardi di utenti attivi al mese; quindi Facebook potrebbe realizzare lo stesso fatturato facendo pagare agli utenti un abbonamento molto basso, soli 13,8 dollari l’anno.

Teoricamente l’impianto terrebbe ma perché l’idea possa avere uno sviluppo concreto bisognerebbe che i gestori delle piattaforme arrivino a considerare la situazione attuale troppo onerosa (ad esempio, perché vengono introdotte norme più cogenti sulla tutela e sull’utilizzo dei dati personali) e autonomamente decidano di trasformare la natura dei social da piattaforma di condivisione a servizio; una soluzione che, oltre ad essere più trasparente e diretta, porterebbe una serie di vantaggi in vari campi (dalla privacy, alla legalità, alla minore assuefazione di cui si è detto etc). Per ora, però, ne siamo lontanissimi.