La Corte smentisce Cassese e dà ragione a Conte: “I Dpcm sono legittimi”

Una sentenza della Corte Costituzionale sul caso della Valle d'Aosta afferma che i Dpcm dell'ex presidente del Consiglio Conte sono gli strumenti più adatti per fronteggiare l'emergenza. Smentendo i giuristi come Cassese che affermavano il contrario

La Corte smentisce Cassese e dà ragione a Conte: “I Dpcm sono legittimi”

Il Fatto Quotidiano racconta oggi che una sentenza della Corte Costituzionale sulla legge regionale della Valle d’Aosta che annullava il decreto della presidenza del consiglio di Giuseppe Conte e sulla quale il governo aveva proposto ricorso dà ragione all’ex premier e sostiene, al contrario di quello che dicevano giuristi del calibro di Sabino Cassese, che i Dpcm sono uno strumento legislativo adatto per legiferare sull’emergenza sanitaria.

La Corte smentisce Cassese e dà ragione a Conte: “I Dpcm sono legittimi”

Per la Consulta, spiega oggi Ilaria Proietti sul quotidiano di Marco Travaglio, l’esercizio della competenza statale esclusiva in materia di profilassi internazionale e l’attivazione di strumenti come i Dpcm “capaci di adattarsi alle pieghe di una situazione di crisi in costante divenire” rappresentano una soluzione consona al contrasto dell’emergenza. Che ha tratti del tutto peculiari che
giustificano la scelta “di nuove risposte normative” tarate sull’urgenza di contenere un contagio rapido e imprevedibile.

A dicembre 2020 la regione aveva varato una legge che bloccava l’applicabilità delle misure varate dal governo Conte sul suo territorio; l’esecutivo aveva chiesto alla Consulta di cancellarla visto che i suoi effetti erano potenzialmente incompatibili con l’andamento della pandemia e dava misure più blande rispetto al resto del territorio nazionale. “Per quanto fondamentale sia l’apporto dell’organizzazione sanitaria regionale, a mezzo della quale lo Stato stesso può perseguire i propri scopi, il legislatore statale è titolato a prefigurare tutte le misure occorrenti”, ha sostenuto la Corte Costituzionale.  “Ciò che la legge statale permette non è una politica regionale autonoma sulla pandemia, quand’anche di carattere più stringente rispetto a quella statale, ma la sola disciplina (restrittiva o ampliativa che sia), che si dovesse imporre per ragioni manifestatesi dopo l’adozione di un dpcm e prima che sia assunto quello successivo”.

La sentenza del Gup sui Dpcm

Intanto nei giorni scorsi è circolata la sentenza del giudice Dario De Luca, Gup del tribunale di Reggio Emilia, che dichiara che  a partire da quello dell’8 marzo 2020, tutti i Dpcm del Governo per contenere la pandemia e le limitazioni agli spostamenti in essi contenuti sono “illegittimi per violazione della legge Costituzionale”. Il caso esaminato risale invece al 13 marzo dell’anno scorso quando, nel pieno della prima ondata del Covid, una coppia della provincia di Reggio sorpresa fuori casa dai Carabinieri fornisce ai militari un’autocertificazione non veritiera. La donna aveva riferito di essersi dovuta recare in ospedale a Correggio per delle analisi e che l’uomo l’aveva accompagnata. Una verifica dell’Arma aveva però appurato che non c’era stato alcun accesso alla struttura sanitaria e per i due era scattata la denuncia.

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Il giudice De Luca, racconta l’agenzia di stampa Dire, li ha assolti entrambi dichiarando “il non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato”. Nella motivazione, scritta in punta di diritto, si sottolinea in premessa che il Dpcm “stabilendo un divieto generale e assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione, con limitate e specifiche eccezioni, configura un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare”. Tuttavia, prosegue la sentenza, “nel nostro ordinamento giuridico, l’obbligo di permanenza domiciliare consiste in una sanzione penale restrittiva della liberta’ personale che viene irrogata dal giudice penale per alcuni reati all’esito del giudizio (o in via cautelare, in una misura di custodia cautelare disposta dal giudice, nella ricorrenza di rigidi presupposti di legge) e in ogni caso nel rispetto del diritto di difesa”.