Senza politica industriale l’Italia si svende

di Gaetano Pedullà

E’ il mercato, bellezza! Chi ha fame vende, Chi ha soldi compra. E stracciarsi le vesti adesso non serve. Lo scippo di Telecom e Alitalia non arriva all’improvviso. Negli ultimi venti anni abbiamo dato via interi comparti industriali, dalla Chimica alla Grande distribuzione. E solo sette anni fa, quando l’allora governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio (poi pure condannato per questo) usò i mezzi che aveva e quelli che non aveva per salvare almeno il sistema del credito, tutti – e ripeto tutti – i player politici ed economici fecero a gara per sostenere che l’italianità non è un valore. Ed ecco oggi dove siamo. Un Paese debole che vende le sue grandi aziende, ma soprattutto che non ha uno straccio di strategia industriale. Un Governo che viaggia sempre al minimo ieri si è lavato le mani spiegando che vigilerà, ma Telecom è un’azienda privata e dunque se la vedano gli azionisti. Su come l’Italia possa uscire da questa svendita permanente, su quali settori vogliamo ancora puntare, su cosa si può fare per non ridurci alla filiale estera dei colossi del mondo, neppure un fiato. Segno che la nostra politica ha abdicato all’economia, per non dire ai mercati e alle grandi speculazioni. Schiacciati dall’Europa, da una moneta che ci ha impoverito, incapaci di ricontrattare vincoli insostenibili, senza un cambio di passo le perderemo tutte le nostre aziende. E con queste, i loro utili trasferiti all’estero. Per non parlare della forza lavoro, soprattutto quella dirigenziale e più specializzata. Lo squillo della Telecom dunque può servire a svegliarci. Dal Governo delle larghe attese non c’è molto da sperare. Per non parlare del Quirinale, la cui unica preoccupazione è preservare una fragile stabilità politica. Una meraviglia per chi ci sta depredando! Ma la lezione può servire agli italiani. Per prendere atto che l’immobilismo ci danneggia (se non è addirittura complice). E dunque con questa politica non c’è altro da fare che cambiare TO-TAL-MEN-TE pagina.