Alla fine è dovuto uscire allo scoperto, perché gli atti parlano. Che la riforma della Giustizia, con la separazione delle carriere, fosse il desiderio del Gran Maestro della Loggia P2, Licio Gelli, è un fatto appurato. E ieri anche il ministro Carlo Nordio ha dovuto ammetterlo. A modo suo. “Io non conosco il piano della P2. Posso dire che se l’interpretazione, o meglio, l’opinione del signor Licio Gelli era un’opinione giusta, non vedo perché non si dovrebbe seguire, perché l’ha detto lui”.
“Le verità non dipendono da chi le dice”
È stata infatti questa l’incredibile risposta data dal Guardasigilli ai giornalisti che gli chiedono un commento sulle dichiarazioni del procuratore generale di Napoli, Aldo Policastro, secondo il quale la riforma della giustizia attuerebbe il piano della P2.
“Le verità non dipendono da chi le proclama”, ha aggiunto Nordio a margine della visita al carcere di Secondigliano (Napoli) con il candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Campania, Edmondo Cirielli, “ma dall’oggettività che rappresentano. Se Gelli ha detto che Gesù è morto in croce, non per questo dobbiamo dire che è morto di polmonite. Anche l’orologio sbagliato segna due volte al giorno l’ora giusta. Gli inglesi dicono ‘sei inciampato nella verità’. Se anche Gelli è inciampato nella verità, non per questo la verità non è più la verità”.
Sdoganato il venerabile, Nordio sfida l’Anm
Sdoganate le verità del Venerabile, Nordio ha poi annunciato che non si sottrarrà a un confronto con Enrico Grosso, presidente onorario del comitato Giusto dire No, contrario alla riforma della giustizia. “Prima di tutto, vorrei fare un incontro con l’Anm che ha promosso il primo comitato del ‘No’ e poi non mi sottrarrò ad alcun tipo di confronto, ma ovviamente la priorità sarà data all’Anm, sempre che accetti il confronto”, ha detto.
Le solite storie sui suicidi in carcere
Infine il ministro ha risfoderato uno dei suoi cavalli di battaglia sul dramma dei suicidi in carcere: “Nessuno lo sa, ma molti suicidi avvengono non quando si entra in carcere, quando ti crolla il mondo addosso, ma quando stai per essere liberato”. Una verità smentita dai fatti, ma che Nordio ripete da tempo. Per il ministro è “significativo perché dimostra che molto spesso la paura, l’incertezza di un mondo dove non sei abituato a vivere, che è quello esterno di quando esci dal carcere, ti dà un’ansia che ti porta al gesto fatale”.
Per questo, “sapere che quando esci hai già un lavoro, una retribuzione e un posto elimina e riduce grandemente la recidiva e dà anche a queste persone un significato di speranza”. In quest’ottica, ha sottolineato come il lavoro che si fa nelle carceri è fondamentale. “Ho visto delle cose straordinarie” a Secondigliano, ha dichiarato solennemente, “ho visto dei laboratori dove costruiscono chitarre e liuti, l’idraulico che costruiva e riparava degli ingranaggi, il verniciatore, insomma tutte quelle cose che dovrebbero connotare il carcere, perché imparare un lavoro è importante ed è altrettanto importante poter trovare il lavoro per chi esce dal carcere, un’occupazione stabile e gratuita”.
In Italia la recidiva sfiora il 70%
Una verità incontrovertibile (questa sì). Peccato che il tasso di recidiva per le carceri italiane (che dipendono dal Ministero di Grazia e Giustizia) sfiori il 70%.