La Cgil ha proclamato lo sciopero generale per il 12 dicembre contro la Manovra. La premier Giorgia Meloni e il ministro Matteo Salvini hanno subito ironizzato sulla data della mobilitazione perché cadrà di venerdì, parlando di weekend lungo.
Chiara Saraceno, sociologa del Lavoro, che ne pensa?
“Direi che sono di cattivo gusto le parole del governo, considerando anche che il Parlamento lavora dal martedì al giovedì, senza perdere stipendio, laddove chi sciopera, seppur di venerdì, perde una giornata di salario. Quindi mi sembra veramente una cattiveria inutile. Mi aspetterei da un governo in generale, e da una presidente del consiglio in particolare, un atteggiamento rispettoso. Critico magari, ma rispettoso. E invece così dicendo si manca di rispetto a una parte di italiani che ha il diritto di fare le proprie proteste, su cui uno può essere d’accordo o non d’accordo, ma questo è un altro discorso. Oltretutto queste proteste le pagano i lavoratori. Il famoso weekend lungo, anche se uno potesse criticarlo come weekend, è un weekend costoso per chi lo fa. Oltretutto si tratta di persone che spesso guadagnano pure poco”.
Giovedì c’è stato un ciclo di audizioni terribile per il governo sulla legge di bilancio. Corte dei Conti, Banca d’Italia e Ufficio parlamentare di bilancio hanno criticato l’ennesima rottamazione introdotta in Manovra perché finisce con l’agevolare l’evasione, hanno detto. Concorda?
“Come posso non essere d’accordo con quello che dice la Banca d’Italia che sa fare i conti! Sulla rottamazione sono indignata e anche offesa come contribuente onesta. Dicono sempre che è l’ultima, ma è sempre la penultima. C’è un indiretto, neanche tanto indiretto, sostegno agli evasori. Io come tutti quelli cui vengono detratti automaticamente alla fonte i soldi non è che posso dire ‘no, quest’anno rateizziamo e spostiamo un po’ in là’. Ritornando sulla mobilitazione della Cgil, non so se lo strumento dello sciopero generale sia adeguato. Questo me lo sono chiesta perché poi è vero che ci vorrebbero anche delle controproposte, non solo generici appelli per una legge finanziaria diversa. Però che si sollevi un minimo di protesta di fronte a dei dati che dicono che si spendono tanti soldi per cose che hanno un’efficacia minima, se non nulla, se non addirittura controproducente sulle disuguaglianze, questo è importante”.
Anche la Banca d’Italia ha detto che questa Manovra non agisce in nessun modo sulle disuguaglianze. E Istat, Upb e Corte dei Conti hanno confermato che il taglio dell’Irpef premia i più ricchi.
“Ora, pur dando per scontato che non fosse volontà del governo aumentare le disuguaglianze, non posso non considerare che dal momento che si incide sulle aliquote in modo crescente, è proprio il meccanismo che produce questo effetto di disparità. Poi uno può dire che l’incidenza in termini relativi è più alta per i redditi bassi, cioè che 23 euro per gli operai contano di più che 200 per quelli alti perché il loro reddito è più basso, però mi fa sorridere perché sempre 23 euro sono e non servono a cambiare molto la vita a chi li riceve. Quindi bisognerebbe agire probabilmente diversamente. Da un lato indicizzando le soglie e dall’altro lato lavorando di più sui salari. A partire dal fatto di introdurre il famoso salario minimo che invece questo governo non vuole fare. Ha ragione il ministro Giancarlo Giorgetti a dire che negli anni precedenti sono intervenuti sui redditi più bassi. Però non è stato sufficiente. Perché non si può agire solo per via fiscale, occorre dare dei salari equi, decenti. E poi anche garantire i servizi in modo che uno non debba svenarsi per curarsi oppure debba rinunciare a curarsi del tutto. E questo riguarda i poveri, non i ricchi”.
Nel mirino anche il nuovo Isee.
“Con le modifiche all’Isee si è introdotta una disparità di trattamento perché vengono agevolati i proprietari di casa, tanto per cambiare. Se si utilizza lo strumento dell’Isee che è una prova degli strumenti familiari non posso dire ‘questo non conta, quest’altro nemmeno’. Perché chi ha un solo stipendio si trova svantaggiato rispetto a chi ha uno stipendio e una casa di proprietà oltre magari a dei risparmi. Peraltro l’incidenza della povertà assoluta è molto più alta tra gli affittuari che tra i proprietari di casa. Allora, per una ragione di equità, avrebbero dovuto alzare dentro l’Isee anche il valore dell’affitto in modo proporzionato almeno”.
Ritiene che questo governo sull’altare, diciamo, dei conti in ordine abbia sacrificato la crescita e tutte le altre voci? dagli investimenti, appunto, ai salari e ai servizi?
“I conti in ordine sono importanti. Però dentro questa considerazione si può e si deve scegliere cosa fare. Se io scelgo di rottamare le cartelle, di dare un po’ di soldi a pioggia qui e là – senza preoccuparmi dell’effetto distributivo – se penso che investire in servizi sia una spesa a fondo perduto e non un investimento sociale necessario, se faccio il Ponte sullo Stretto, senza preoccuparmi di tutte le altre infrastrutture in assenza delle quali parti della Sicilia non sono collegate, se faccio i centri in Albania, la domanda è: sto buttando via i soldi oppure li sto usando efficacemente? A mio parere la risposta è: così si sprecano i soldi, aumentando i divari, senza tra l’altro produrre crescita. Se si hanno risorse scarse, proprio per questo si deve essere molto ma molto più oculati nelle spese. Anche le cose che si fanno per la natalità, mi fanno venire il solletico. Se non ci sono i servizi, se non c’è l’accesso a un’abitazione a prezzi ragionevoli, se non ci sono salari decenti, perché uno deve fare un figlio in più? Hanno fatto la legge quadro sulla non autosufficienza, ma poi non si è fatto più niente a livello di risorse e di servizi. Tutto rimane a carico delle famiglie”.