Sgovernatori in crisi di nervi. Ora vogliono riscriversi le regole. Le Regioni chiedono di ridurre i parametri di rischio a 5. Ma Boccia frena: non si può politicizzare la scienza

Il pressing dei governatori finora ha prodotto un primo risultato: il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia (nella foto), ha convocato per oggi una riunione in cui si esaminerà la richiesta avanzata dalla Conferenza delle Regioni sui 21 parametri che fanno scattare in automatico restrizioni e chiusure. All’incontro parteciperanno anche il ministro della Salute, Roberto Speranza, e il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro. I governatori non mollano la presa: chiedono che vengano rivisti i parametri per definire la collocazione in zona gialla, arancione o rossa. Vogliono avere voce in capitolo prima che arrivi – secondo la definizione data dal presidente del Friuli Massimiliano Fedriga – “l’oracolo del venerdì”.

Chiedono che i parametri da 21 scendano a 5: rapporto positivi/tamponi, Rt, tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva e in area medica, contact tracing, “adeguate risorse” sia per il tracciamento che per l’isolamento e la quarantena. E il muro contro muro con il governo resta. A difendere il sistema è sceso in campo il premier. “Il sistema di monitoraggio basato su parametri molto articolati non è fatto per il gusto di abbandonarci a sofisticati sistemi scientifici ma ci consente interventi mirati, con la possibilità di introdurre misure ben dosate sull’effettivo livello di rischio dei territori cui sono dirette”, ha detto Giuseppe Conte.

A frenare è stato anche Speranza: sono i 21 parametri insieme all’Rt a determinare quali misure attuare sui territori. Con l’Istituto superiore di sanità che ha spiegato: “I dati sono sempre aggiornati e la valutazione tiene conto di tutti gli aspetti legati all’epidemia e alla risposta dei sistemi sanitari”. Boccia apre al confronto con le Regioni ma avverte: “L’unica cosa che non possiamo fare è politicizzare i parametri, ovvero rendere discrezionali alcuni senza il conforto della comunità scientifica”. Con i dati del monitoraggio che arriveranno venerdì si capirà se si aggraveranno le posizioni di alcune Regioni. Nel mirino c’è la Puglia che da arancione potrebbe diventare rossa.

Invece per sapere se miglioreranno le posizioni di altre regioni, come Lombardia e Piemonte, bisognerà aspettare il monitoraggio del 27. E in attesa di questi dati sale il pressing di alcuni governatori. Attilio Fontana e Alberto Cirio in testa. “Noi abbiamo già iniziato una fase di leggero ma significativo miglioramento. Il nostro Rt è sceso in maniera sostanziale, tanto che in base ai numeri noi rientreremmo oggi in una zona arancione”, dice Fontana che sostiene di averne avuto conferma anche dal ministro Speranza. Il governatore leghista non lesina critiche al sistema dei 21 parametri: “Noi sosteniamo che i cinque che abbiamo indicato siano i più logici e gli unici sui quali non ci sono dubbi interpretativi”.

Viaggia sulla stessa lunghezza d’onda Cirio: “Da venerdì scorso il Piemonte è potenzialmente in zona arancione”. E anche lui ribadisce la richiesta al governo di creare “un meccanismo più comprensibile per l’opinione pubblica”. Ma se Cirio appare prudente sulle feste che si avvicinano per non ripetere quanto è avvenuto dopo l’estate con l’impennata dei contagi, Fontana auspica cautela ora proprio in vista del Natale che “dobbiamo fare con una certa libertà”. Si accende anche la fantasia del ligure Giovanni Toti: “Con le nostre città illuminate, le nostre tradizioni e le nostre famiglie. Con i negozi e i locali aperti, con la voglia di vivere a cui non possiamo rinunciare”. In questo caso la speranza è che la Liguria dalla zona di rischio arancione passi a quella gialla.

Il governatore del Veneto Luca Zaia precisa che la proposta di utilizzare 5 parametri anziché 21 “è tecnica, non politica” laddove il collega Fedriga spiega che “la decisione su quali provvedimenti applicare dev’essere politica. Non va lasciata la parola finale a un algoritmo”. Niente più automatismi cioè ma scelte politiche prese con i governatori. E ancora. Se uno dei parametri selezionati dalle Regioni è quello che riguarda le terapie intensive, le notizie che arrivano dal fronte, nonostante le rassicurazioni di Domenico Arcuri, non sono affatto buone. Il monitoraggio Agenas rileva che è occupato da pazienti Covid il 42% dei posti in terapia intensiva, ovvero il 12% oltre la soglia critica del 30%. Un dato che ormai riguarda ben 17 regioni. La soglia del 30% risulta superata da: Abruzzo (37%), Basilicata (33%), Calabria (34%), Campania (34%), Emilia Romagna (35%), Lazio (32%), Liguria (53%), Lombardia (64%), Marche (45%), P.A. Bolzano (57%), P.A. Trento (39%), Piemonte (61%), Puglia (41%), Sardegna (37%), Toscana (47%), Umbria (55%), Valle d’Aosta (46%).