Siglato il patto con il Pd, Verdini entra in maggioranza. Ma Renzi non può dirlo

Denis Verdini è entrato in maggioranza. Ma non si può dire. Perché altrimenti la minoranza del Partito democratico sarebbe costretta ad arrabbiarsi davvero.

Denis Verdini è entrato in maggioranza. Con un occhio al referendum costituzionale di ottobre. Ma non si può dire. Perché altrimenti la minoranza del Partito democratico sarebbe costretta ad arrabbiarsi davvero. Magari facendo un gesto forte. Invece così possono limitarsi a esprimere il disappunto, lasciando tutto uguale. Per questo i renziani hanno indossato il casco da pompieri, sostenendo che i verdiniani “non sono in maggioranza”. Resta comunque il fatto politico: un patto parlamentare siglato con l’Alleanza Liberalpopolare-Autonomie (Ala) che sarà “ascoltata sui provvedimenti più importanti”, ha ammesso il capogruppo alla Camera del Pd, Ettore Rosato. Senza il via libera dell’amico Denis non ci sarà l’approvazione delle leggi cruciali. L’incontro ha dato la possibilità al verdiniano Lucio Barani di definirsi uno “dei padri costituenti”. Parole che sono state un colpo al cuore ai bersaniani.

La minoranza dem abbaia al vento
“Vediamo malissimo la cosa”, spiegano a caldo dalla sinistra dem. L’allarme è stato lanciato in una direzione precosa: l’ingresso in maggioranza di Ala, per quanto minimizzato nella versione ufficiale, “fa perdere voti”. Uno dei leader della minoranza, Roberto Speranza, boccia anche la tempistica del vertice. “La legittimazione è un errore. Nella settimana più complicata del rapporto magistratura-politica, a poche settimane dalle amministrative, non si trova di meglio da fare di un accordo con Verdini. Non capisco a cosa serve, abbiamo i numeri in maggioranza. Dà un segnale opposto a quello di cui ci sarebbe bisogno”. E il deputato Nico Stumpo, bersaniano doc, traduce l’incontro come una formalizzazione dell’approdo di Verdini in maggioranza: “Se domani mattina i Cinque Stelle dovessero votare con noi un qualsiasi provvedimento, dal giorno dopo inizieremmo a concordare il programma parlamentare anche con loro? Non si può dire una cosa e farne un’altra. Si affronti l’incontro di questa mattina per quello che è. Noi non lo condividiamo, perché di Verdini non c’è bisogno”.

Pensiero al referendum
E invece Matteo Renzi ha bisogno di tutti, eccome. Non tanto per garantirsi la maggioranza in Parlamento, quanto per ingrossare le fila dei sostenitori del sì alla riforma costituzionale. Che per il presidente del Consiglio resta la madre di tutte le battaglie, a cui – almeno nelle dichiarazioni – ha legato non solo la durata del Governo ma addirittura la sua carriera politica. E necessita di una vittoria sicura. Del resto Verdini in prima persona ha parlato della consultazione sulle riforme: “Abbiamo parlato della formazione dei Comitati del sì, senza stabilire ancora nulla. Anche gli amici del Pd stanno pensando a cosa fare. La nostra intenzione è votare sì. È evidente visto che siamo nati per il sì”. E per dirla – a taccuini chiusi – con un deputato della minoranza “sarebbe un doppio imbarazzo: fare campagna elettorale per una riforma che non ci piace, per di più al fianco di Verdini…”