Sindacato poco trasparente

di Carola Olmi

Alla fine dell’intervento l’hanno pure applaudito. Ma la rottura tra Maurizio Landini e il corpaccione della Cgil, adagiato placidamente sulla vecchia nomenklatura del sindacato, a partire dal segretario generale Susanna Camusso, è totale. Come appare chiaro ormai da tempo. Il segretario della Fiom, la potente categoria dei metalmeccanici, ha presentato una lista alternativa a quella ufficiale, trasformando la tradizionale adunanza di sapore bulgaro della Cgil in un congresso vero. Forse troppo per un sindacato rimasto vecchio. Così per i 110 firmatari, con lo stesso Landini in testa, non c’è speranza. L’organizzazione che vuole cambiare il mondo del lavoro non riesce a cambiare neppure se stessa. E da forza progressista, getta la maschera, dimostrandosi la più resistente forza di conservazione di questo Paese. Un lusso che non ci possiamo permettere più di fronte a una disoccupazione arrivata al 13 per cento (e sopra al 40 per cento tra i giovani).

Accuse pesanti
Il tentativo di Landini però è un segnale. “Siamo partiti uniti e siamo spaccati grazie al segretario generale”, ha accusato il leader delal Fiom. In realtà però la Camusso può già mostrare una minuscola opposizione interna, visto che anche la minoranza legata a Giorgio Cremaschi ha presentato una sua lista per l’elezione del nuovo direttivo Cgil. Chi vincerà però è già scritto, nonostante tanti delegati siano – a parole – d’accordo sull’esigenza di svecchiare il sindacato, magari anche adottando quel codice etico proposto proprio da Landini, secondo cui “Il sindacato deve essere una casa di vetro sui bilanci e sulle spese. Ce lo chiedono i giovani, non Renzi”. Landini ne ha avuto pure per Bonanni, il segretario di una Cisl sempre meno di lotta e più di governo (sottobanco). “È il sindacato che ha firmato con la Fiat e ha fatto i contratti separati. E viene qui Bonanni a fare la lezione di democrazia a noi e non abbiamo problemi ad applaudirlo? Stiamo scherzando? Mi vengono i capelli dritti”, ha detto perlomeno con coerenza, bacchettando i molti delegati che martedì scorso avevano invece tributato un’ovazione al leader cislino. “Renzi spopola per colpa nostra”, ha aggiunto Landini chiedendo di riaprire la vertenza con il governo sulle pensioni, sulla questione fiscale e sugli ammortizzatori sociali. “Noi – ha spiegato il leader Fiom – non siamo stati sconfitti sulle pensioni, noi quella partita non l’abbiamo nemmeno aperta: il consenso sociale che in questo momento il governo Renzi ha è figlio delle cose che non abbiamo fatto negli anni”.

Fischi a Poletti
L’intervento più atteso ieri al congresso Cgil di Rimini era però quello del ministro Poletti, alle prese contemporanemanete con le notizie molto incerte in arrivo dal Senato, dove stava per essere chiesta la fiducia al suo contestato decreto Lavoro. “Il sindacato ha fatto il suo mestiere, rappresentando interessi legittimi e facendo le sue valutazioni. Io non metto la responsabilità sugli altri. Penso che oggi il governo una scelta l’abbia fatta: c’è bisogno di un radicale cambiamento del Paese”, ha affermato il ministro uscendo da congresso dove è stato accolto da applausi, ma anche da qualche fischio. “Ascoltare non basta” è stata infatti la risposta del sindacato. “La Cgil pretende di poter contrattare e non solamente di essere ascoltata. Poi ovviamente le decisioni finali spettano al governo”, ha detto il segretario confederale Fabrizio Solari. “Sia chiaro: noi non vogliamo difendere l’esistente. E da parte nostra non c’è alcun diritto di veto, non lo abbiamo mai avuto”, ha continuato. Ma se proprio questo atteggiamento non è mettere veti…