Spataro: lotta dura al terrore. Ma senza tradire la legge. Il Procuratore di Torino vede il rischio di abusi. La democrazia ha basi che non vanno rinnegate

di Christian Hansen

Nessuna lotta al terrorismo può giustificare che vengano calpestati i diritti delle persone. Potrebbe sembrare che così facendo le democrazie siano costrette a lottare con un “braccio legato dietro la schiena”, ma ciò che può apparire un segno di debolezza, è in realtà un punto di forza. Rispettando i diritti, si acquisisce credibilità. Ne è convinto Armando Spataro, Procuratore della Repubblica a Torino da luglio 2014, dopo essere stato coordinatore alla Procura di Milano del Dipartimento Terrorismo ed Eversione, organo responsabile anche di indagini sul terrorismo di matrice islamica, come quelle sull’imam egiziano Abu Omar e sul suo rapimento. “Lo dico chiaramente – spiega al quotidiano online Britaly Post – non c’è alcuna necessità che consenta di legittimare pratiche come la tortura e i rapimenti”.
L’emergenza richiede però misure straordinarie.
“Non siamo una cosiddetta ‘so called democracy’, le nostre sono democrazie vere e proprie, all’interno delle quali non si può pensare che in nome della sicurezza un cittadino possa essere soggetto alla lesione dei propri diritti solo perché porta un burqa o svolge il ruolo di Imam. Altrimenti rinnegheremmo la nostra storia”.
Il coordinamento delle intelligence è sufficiente?
“Penso che l’asse forte europeo della lotta al terrorismo sia quello costituito da Italia, Spagna e Germania, dove esiste una netta suddivisione delle competenze delle varie forze di sicurezza in campo e soprattutto un’ampia condivisione delle informazioni a tutti i livelli. In altri ordinamenti, come in Francia e in Inghilterra, la divisione dei ruoli è più confusa e non sempre tutte le notizie vengono condivise in maniera spontanea e istantanea. Il sistema anglosassone a mio avviso è troppo appiattito sulla logica americana della ‘war on terror’, secondo cui il terrorismo è guerra e dunque è giusto combatterlo con gli strumenti della guerra”.
Cè poi il tema della raccolta dei dati…
“In Italia è regolato da un sistema di legge che prevede la valutazione e l’intervento dell’autorità giudiziaria attraverso un’azione molto specifica. Altri ordinamenti, come negli Usa dopo l’11 settembre, hanno ritenuto invece che una raccolta dati indiscriminata potesse controllare e prevenire i terroristi: questa è una sciocchezza assoluta. Possedere milioni di dati equivale a non averne praticamente nessuno. Ritengo che un’eccessiva pressione da parte delle Istituzioni rischia solo di ottenere l’effetto contrario, alimentando l’insicurezza della popolazione che invece di sentirsi protetta sente solo violata la propria libertà personale”.
Quanto rischia oggi l’Italia?
“Nessun paese al mondo è esente dal rischio di attacchi terroristici. Credo che ci sia da riconoscere che il livello di rispetto dei diritti da parte dei nostri apparati abbia in qualche modo indotto a una maggiore fiducia nelle istituzioni da parte della comunità degli immigrati”.
* da BritalyPost.com