Spuntano altri militari a conoscenza delle botte a Cucchi. Si tratta di tre colleghi degli imputati, uno sarà interrogato a breve

Nuovo filone nell'inchiesta per la morte del trentenne romano

Sono passati nove lunghi anni ma l’inchiesta per la morte di Stefano Cucchi è tutt’altro che conclusa. Anzi, con tre nuovi carabinieri indagati, il rebus su cos’è successo prima e dopo il decesso del trentenne geometra continua ad infittirsi. A finire nel fascicolo del pubblico ministero Giovanni Musarò sono stati il militare della stazione di Tor Sapienza Francesco Di Sano, il luogotenente Massimiliano Colombo, quest’ultimo comandante della stessa caserma, e un altro collega non graduato. Tutti loro, secondo la Procura, erano a conoscenza del pestaggio subito da Cucchi, a seguito di un arresto per una vicenda di droga ma anziché denunciare, falsificarono gli atti per coprire i colleghi.

Queste iscrizioni fanno riferimento al nuovo fascicolo d’indagine, nato a seguito dalla dichiarazioni rese in aula proprio da Di Sano nel corso del cosiddetto processo Cucchi bis, riguarda alcune presunte falsificazioni di atti che potrebbero aver avuto un peso nel fallimento dell’inchiesta del 2009. Uno spin off questo che potrebbe portare ad ulteriori sorprese già a partire dalla prossima settimana quando a comparire davanti ai magistrati sarà Colombo. Proprio l’uomo che, nei giorni scorsi, è stato sottoposto ad una perquisizione mirata per cercare prove e tracce di comunicazioni che, subito dopo la morte di Cucchi, potrebbero essere intercorse con i suoi superiori. Del resto Di Sano, in occasione della sua audizione avvenuta il 17 aprile scorso davanti ai giudici della prima Corte d’assise, ammise in aula di aver modificato l’annotazione di salute del geometra romano perché “mi fu chiesto di farlo perché la prima annotazione era troppo dettagliata”.

Incalzato dal pm, il militare sostenne di non ricordare da chi fosse arrivato l’ordine di taroccare l’atto poi, però, precisò: “Certo il nostro primo rapporto è con il comandante della stazione, ma posso dire che si è trattato di un ordine gerarchico”. Ed è proprio sulla ricostruzione di questa presunta regia di comando, con ordini che sarebbero stati impartiti a cascata per mettere a tacere quanto accaduto il 15 ottobre del 2009, che i magistrati intendono lavorare così da arrivare, una volta per tutte e senza lasciar alcun punto oscuro, a mettere il punto sull’intera vicenda.

LA SVOLTA – A squarciare il velo di omertà che da troppo tempo copriva la vicenda, era stata l’inchiesta del pubblico ministero Musarò a seguito della quale sono finiti sotto processo cinque carabinieri, tre dei quali accusati di omicidio preterintenzionale. Tra questi anche Francesco Tedesco, il militare che il 9 luglio del 2018 ha deciso di vuotare il sacco raccontando tutto al Procuratore capo Giuseppe Pignatone e al pm Musarò. In quell’occasione l’uomo puntò il dito contro i colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, entrambi coimputati nel processo Cucchi bis e accusati di omicidio preterintenzionale, spiegando che erano stati proprio loro gli autori materiali del massacro consumato in un’azione combinata, scandita da schiaffi, calci e spintoni. Una scena a cui lui stesso fu testimone e che cercò di interrompere. Rivelazioni, queste, dopo le quali l’uomo si è dichiarato sollevato e ha chiesto che venga riconosciuta la sua collaborazione con i magistrati e, conseguentemente, che venga sospeso il procedimento disciplinare, tutt’ora in corso, che potrebbe costargli la destituzione dall’Arma.