Stallo totale sulle Commissioni. C’è chi lavora al rinvio a settembre. I 5 Stelle insistono per eleggere subito i presidenti. Pd e Iv vogliono aspettare le regionali e alzare il prezzo

Annunciate, rimandate, sfumate. Ormai abbiamo cominciato a conoscere i tempi della maggioranza giallorosa quando si tratta di nomine: per un motivo o per un altro pare sempre più difficile trovare una quadra. E, ovviamente, vige una regola non scritta per cui più le nomine da effettuare sono delicate e più le difficoltà per trovare un accordo salgono di livello. Risultato: non c’è alcuna intesa per le nuove presidenze delle commissioni parlamentari. Potrebbero sembrare, peraltro, ruoli secondari, quasi marginali.

Chi conosce il funzionamento della macchina parlamentare sa, invece, che quei ruoli possono essere determinanti soprattutto nella spinta (o di contro nell’ostruzione) all’azione di governo. Il fatto stesso che siano così fondamentali, per l’appunto, è testimoniato che per il secondo giorno consecutivo dopo accese riunioni, più o meno carbonare, non c’è altro che una fumata nera. Eppure sembrava che la sera di martedì un accordo fosse stato raggiunto, quantomeno sui numeri: sette presidenze al Movimento 5 stelle sia alla Camera che al Senato, cinque presidenze al Pd alla Camera e quattro al Senato, due presidenze a Iv sia alla Camera che al Senato, una per Leu a palazzo Madama. Il problema, a quanto pare, è soprattutto nei nomi e, manco a dirlo, nel peso delle singole commissioni.

LA QUADRA. È su questi due aspetti dopotutto che si gioca la partita. Se infatti su alcune caselle sono tutti d’accordo (una su tutte, la presidenza della commissione Giustizia al Senato da affidare a Piero Grasso), su altre sono state rimescolate le carte, il quadro è dunque cambiato e non è detto possa cambiare ancora. Per questa ragione, dopo giorni di conferme ufficiose, ieri sembra che il nome di Maria Elena Boschi sia saltato. Alla commissione Giustizia dovrebbe subentrare il pentastellato Mario Perantoni al posto di Francesca Businarolo, mentre i renziani si “rifarebbero” con Raffaella Paita ai Trasporti.

I nomi che circolano, per il resto, risultano essere quelli già anticipati da La Notizia. I dem ‘schierano” al Senato Dario Parrini (Affari costituzionali), Roberta Pinotti (Esteri), Dario Stefano (Difesa). A Montecitorio, invece, Chiara Braga (Ambiente), Debora Serracchiani (Lavoro) e Gianluca Beneamati (Attività produttive). Per Iv ci sarà Luigi Marattin alle Finanze. A “ballare” (e rischiare di far cadere tutta l’impalcatura), come aveva anticipato il nostro giornale, è la commissione Lavoro: il ministro Nunzia Catalfo ha fatto sapere che non si può rischiare di interrompere il duro lavoro portato avanti dai Cinque stelle, senza dimenticare che occorre presidiare i risultati ottenuti, dal dl Dignità al Reddito di Cittadinanza.

L’INDISCREZIONE. Restano, però, i tempi. Se infatti – anche per una questione di credibilità – i Cinque stelle sono intenzionati a trovare un accordo entro la prossima settimana, c’è chi sostiene che parte del Pd e Italia Viva siano intenzionati in realtà a far slittare le nomine dopo l’estate. E, ovviamente, non per rinuncia alla poltrona, ma per una brama ancora più eccessiva: “Il ragionamento – spiegano fonti parlamentari – è aspettare il voto delle regionali così i rapporti di forza potrebbero cambiare e allora Pd e Iv potrebbero chiedere più presidenze”. I Cinque stelle, ovviamente, hanno subodorato il rischio. Ed è anche per questo che spingono per la prossima settimana. La partita, dunque, resta aperta.