Stati Generali M5S ad alta tensione. Casaleggio jr. riaccende la miccia. Il patron di Rousseau contro alleanze e terzo mandato. E rilancia la centralità della piattaforma sul Movimento

La pace è un miraggio in casa M5S. I ribelli duri e puri, ovvero il duo Casaleggio-Di Battista, lanciano una nuova offensiva. I nervi sono tesi sin dal mattino. Si parte da Vito Crimi che corre a smentire il titolo di un’intervista rilasciata a La Stampa: “La frase utilizzata per il titolo ‘Di Battista capo sarebbe divisivo’ non è stata pronunciata dal capo politico del M5S né gli è in una qualche misura attribuibile”. Il reggente M5S nega ci sia una questione Casaleggio e parla di “un dibattito su quali strumenti usare per cosa. è ovvio – dice – che bisogna regolamentare il rapporto con l’Associazione Rousseau. Ma la piattaforma è uno strumento, Davide l’ha creata e la gestisce. Davide è anche uno dei fondatori del M5S, oltre a essere con Di Maio nell’atto costitutivo dell’associazione M5S”.

Ma sono le parole di Alessandro Di Battista e Davide Casaleggio (nella foto) a creare nuovi malumori. Il presidente dell’associazione Rousseau in apparenza apre alle richieste di rivedere il rapporto tra il Movimento e la piattaforma ma poi puntualizza che “Rousseau è un metodo di partecipazione dal basso scritto in tutte le carte fondative del M5S” e “il metodo di partecipazione dal basso è inscindibile dal concetto stesso di Movimento”. Non spara sull’attuale governo ma lo fa solo in nome di un credo, quello della cosiddetta terza via: “Per essere al governo all’inizio della legislatura gli unici disponibili erano quelli della Lega e abbiamo fatto un governo con la Lega. Poi la Lega ha deciso di non voler essere più al governo e quindi abbiamo fatto un governo con il Pd”, spiega a La7.

In tema di alleanze si guarda bene dallo sposare il “modello Pomigliano” lanciato dall’ex leader politico Luigi Di Maio e dichiara di preferire le liste civiche ai dem. E ritorna a fissare i paletti che già conosciamo. Nel libro di Bruno Vespa ribadisce il suo no al terzo mandato (“Il parlamentare svolge un servizio civico per un tempo limitato, non per carriera”) e il suo no a una segreteria politica (“Se parliamo di collegialità ci sono gli iscritti e c’è il Team del Futuro”). E conferma che se il M5S diventasse un partito lui si chiamerebbe fuori dai giochi (“Tornerei a coltivare altri interessi”).

Di Battista, sempre nel libro di Vespa, smentisce qualsiasi ipotesi di scissione legata al suo nome: “Io non farò mai nulla del genere, non voglio indebolire il Movimento. Lo amo troppo. Io sono grato al M5S. Gianroberto Casaleggio per me è stato un secondo padre. Con Beppe qualche volta non sono d’accordo, ma mi lega a lui il valore della riconoscenza”. E dichiara di non ambire alla guida del Movimento (“Io avrei preferito che si nominasse un capo politico e so che una parte del Movimento è contraria perché teme che possa io ricoprire questo ruolo. E invece io non ho mai avuto particolare interesse a farlo. Un organo collegiale non mi scandalizzerebbe, e anche qui io non ho alcun interesse a farne parte”).

Per il resto è un disco già noto: no ad alleanze strutturali con nessuno (“Se il M5S andasse alle elezioni in coalizione con il Pd prenderebbe l’8 per cento”) e guai a togliere la regola dei due mandati (“Non sarebbe più il Movimento in cui mi ritroverei”). L’ex deputato conferma invece che si ricandiderebbe “per un Movimento estraneo alle coalizioni di destra e di sinistra” che si presentasse da solo con un programma preciso. La famosa terza via invocata anche da Casaleggio. Con il ribelle si schierano appena 9 esponenti pentastellati tra parlamentari, amministratori e attivisti del Movimento, tra cui Barbara Lezzi e Ignazio Corrao. In una nota dichiarano di voler lavorare insieme a Di Battista per l’agenda 20/30 e dicono no a qualsiasi alleanza strutturale col Pd.