Storace: “La Pen alleata con la Lega? Fa bene”

di Vittorio Pezzuto

«Di me si annunciano troppe cose. Aspettate sabato, quando parlerò al comitato centrale de La Destra» svicola sornione il forse candidato alle europee Francesco Storace, che interpreta come «un assalto al palazzo d’Europa» la frastornante ma non inaspettata vittoria di Marine Le Pen alle amministrative francesi. «Il commento più intelligente che ho letto finora è quello di Daniele Capezzone, per il quale “molti euroentusiasti italiani, anziché fare analisi superficiali sulla ‘destra pericolosa’ in Francia, farebbero bene a porsi seri interrogativi sull’attuale assetto europeo, basato su vincoli e austerità”. Ha centrato la questione. In gioco ormai ci sono gli architravi del palazzo: i popoli non ce la fanno più a sopportare il peso di un’Unione fondata esclusivamente sulla moneta e non sulla persona. La vittoria della Le Pen è un’ondata politica enorme che richiama tutti quelli che a parole si dicono “uber partes”…».
Si riferisce a Matteo Renzi?
«Ha il vizietto di dire a Roma il contrario di quello che dice a Bruxelles. Per mesi si è sgolato contro il Fiascal Compact e il rispetto al 3% del vincolo del rapporto deficit-Pil. Peccato che quando si è trovato di fronte alla Merkel dalla sua voce è uscito solo un flebile “Jawohl!”»
Forza Italia rischia senza Berlusconi di arrivare terza e di avvitarsi in una crisi di prospettiva?
«Non ho elementi per affermare che quello che stiamo leggendo sia vero. Insomma, preferisco restare ai fatti. Tutto questo romanzo mi sembra davvero incredibile, dal momento che non mi sembra che Berlusconi si sia mai fatto comandare da altri. Probabilmente sta solo prendendo decisioni non grate a tutti. Ed è normale che stia valutando quanto tirino il suo nome sul simbolo così come l’eventuale candidatura di alcuni suoi famigliari. Del resto, di famiglie che si candidano mi sembra ce ne siano anche in altri partiti…».
Che possibilità ci sono che la Destra possa decidere di allearsi alle Europee con Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale?
«Decideremo il nostro percorso sabato prossimo. Ho letto che nel week-end Giorgia Meloni mi ha rivolto un appello dalla tribuna dell’assemblea nazionale del suo partito. Si è trattato soltanto di una frase, lo so, ma nondimeno la giudico importante. Significa che dopo un prolungato periodo di grande freddezza hanno deciso di passare alla fase del dialogo, sia pure a distanza. Per poter dare una risposta, devo però capire di cosa si tratta: di un cartello elettorale? Della confluenza in un’unica lista? Perché se si tratta semplicemente di un semplice richiamo alla nostra storia comune potrei rispondere che ad esempio la mia è molto differente da quello del loro candidato Magdi Allam… Insomma, mi auguro che molto presto si possa ragionare di questa cosa in termini più concreti»
Non sarà che hanno deciso di blandirla solo per via dei suoi voti?
«Guardi che non è mica un difetto. Tutti hanno bisogno di voti, in politica è fisiologico impegnarsi nella ricerca dei consensi. Non mi scandalizzo, anzi. Però bisogna capire prima con chiarezza a cosa miri un eventuale accordo elettorale. A me piacerebbe affermare un progetto definitivo e di prospettiva. L’unione politica della destra non può essere legata solo alla necessità di superare uno sbarramento elettorale».
Un problema di coerenza che Marine Le Pen non si è posta quando ha stipulato un accordo con il Carroccio, una forza ex secessionista molto lontana dalla sue posizioni nazionaliste…
«In effetti il Front National guarda già al dopo voto e alla necessità di costituire un gruppo al Parlamento europeo formato da deputati di sette nazionalità differenti. E da questo punto di vista la Lega Nord fornisce maggiori garanzie elettorali di superare la quota del 4%. Certo, in tutto questo resta una contraddizione politica evidente: da una parte abbiamo il richiamo ai popoli e alle nazioni, dall’altra quello alle regioni. Ma a Marine Le Pen non rimproveriamo nulla, sia chiaro. Stiamo parlando di una regina del consenso e in Italia le forze della destra sono decisamente sottodimensionate. Non potevamo certo pretendere che si mettesse con noi. Perché il problema è solo nostro, non suo».