Strage a Las Vegas, 59 morti e 527 feriti. L’attentatore aveva un arsenale di 42 armi. Giallo sul movente: l’Isis rivendica ma Fbi e Cia smentiscono – Video

Las Vegas, la sparatoria più sanguinosa della storia Usa. Un 64enne bianco spara sulla folla durante un concerto country: almeno 59 morti e 527 feriti

Una vera e propria strage con un dato che, di ora in ora, si faceva sempre più drammatico. Alla fine si conteranno 59 morti e 527 feriti. Questo il tragico bilancio della sparatoria avvenuta ieri durante un concerto di musica country a Las Vegas, nei pressi del casinò di Mandalay Bay.

PaddockSecondo la ricostruzione che col passare del tempo diventava sempre meno nebulosa, gli spari sono stati esplosi dalle finestre del 32esimo piano del Mandalay Bay Hotel. L’assalitore, prima di cominciare a sparare all’impazzata sulla folla, ha ucciso una guardia di sicurezza. Un lupo solitario, si è detto sin dall’inizio. Che si è poi tolto la vita. Si tratta di Stephen Paddock, un americano di 64 anni, residente a Mesquite (Nevada). La polizia ha rintracciato Mary Lou Danley, la donna che viveva con l’assalitore. Ma è stato subito spiegato che “non è più ricercata come persona di interesse”. “Siamo entrati in contatto con lei e non crediamo sia coinvolta”, ha reso noto la polizia in un comunicato. “L’abbiamo localizzata al di fuori del Paese. Non era con lui, abbiamo scoperto. Lui ha usato un suo documento” per registrarsi. Nella stanza d’albergo di Paddock sono state trovate otto armi e la polizia ha emesso un mandato di perquisizione per la sua abitazione a Mesquite, a 130 chilometri di Las Vegas.

Le indagini – Ma ora si indaga sul movente. Ed è qui che il giallo si infittisce. Nonostante all’inizio si sia esclusa l’ipotesi terrorismo lo Stato Islamico ha rivendicato la responsabilità dell’attacco. Secondo quanto riporta Amaq “l’esecutore è un soldato” dell’Isis che ha agito “rispondendo alla richiesta di colpire i Paesi della coalizione”, “convertito all’Islam diversi mesi fa” e aveva cambiato nome in Samir Al-Hajib. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nel suo discorso alla nazione non ha tuttavia fatto alcun riferimento a legami terroristici, rivolgendosi prevalentemente alle vittime e rivolto ai loro familiari, invitandoli a cercare conforto nelle parole delle sacre scritture, in Dio, nella preghiera. Anzi, fonti della sicurezza Usa hanno fatto sapere che non ci sarebbe alcun collegamento con la matrice islamista. Sarebbe, dunque, soltanto un modo da parte dell’Isis di prendersi un “merito” che in realtà non ha.

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Ombre sul passato – Ma col passare del tempo emergono, inevitabilmente, altri dettagli che infittiscono il mistero. Come ad esempio i precedenti del padre di Paddock, rapinatore di banca il cui nome si trovava nella lista dei più ricercati dall’Fbi: tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘70, Benjamin Paddock era un criminale, scappato da una prigione federale, descritto dal Bureau come “psicopatico, in possesso di armi da fuoco usate durante le rapine” e con tendenze suicide. Ma ancora più inquietante il fatto che il killer, pur non avendo precedenti, aveva intentato una causa proprio al casinò di Las Vegas da cui ha sparato i colpi mortali. Semplice coincidenza? Potrebbe darsi, ma per ora gli inquirenti non escludono alcuna pista.

Dieci valigie – Per trasportare le armi e le munizioni con cui ha commesso la strage (42 le armi trovate: 23 pistole nella stanza di albergo e 19 nella sua casa New York), Paddock ha utilizzato dieci valigie. A rivelarlo è stato il capo della polizia di Las Vegas, Joe Lombardo, precisando che il killer aveva prenotato una suite con due stanze al 32mo piano del Mandalay Bay. Secondo alcune fonti, Paddock potrebbe aver utilizzato un congegno legale – noto come bump-stock – per trasformare in automatici i fucili e le armi semiautomatiche di cui disponeva, accrescendo la loro capacità di fuoco.

Uso legale delle armi – Inevitabile, visto quanto accaduto, che tornasse di attualità la polemica sulla eccessiva liberalizzazione delle armi negli Stati Uniti e la mancanza, quasi assoluta, di controlli. Una questione su cui, come si ricorderà, Barack Obama ha provato senza fortuna a intervenire nel corso della sua amministrazione e che vede, invece, Donald Trump assolutamente favorevole. Non a caso a parlare, ieri, è stata Hillary Clinton che ha chiesto appunto di aumentare il controllo sulle armi civili. Ma a distanza di poche ore è arrivata la risposta della portavoce della Casa Bianca Sarah Sanders che, ad una domanda sul dibattito relativo al controllo delle armi da fuoco dopo la strage a Las Vegas, ha detto: “C’è un tempo e un luogo per il dibattito politico ma non è ora”. Un modo gentile per evitare la  discussione che, forse, nemmeno verrà più riproposta.