Studenti in piazza contro il Governo. Ma lo sciopero li delegittima. Così si compromettono le rivendicazioni sacrosante e reali

Alzata di scudi contro presunti tagli a istruzione e ricerca

L’articolo 40 della nostra Costituzione è chiaro: chiunque, nei limiti della legge, può godere del diritto a scioperare. Un diritto sacrosanto. Ancor di più in un periodo di forti tensioni sociali. A rendere legittimo uno sciopero, tuttavia, è la ragione che si nasconde dietro. Gli operai scendono in piazza. Perché? Per protestare contro il salario minimo. Bene. Gli allevatori alzano gli scudi. Per quale ragione? Perché hanno bisogno di maggiori fondi in un periodo di crisi economica. Ottimo.

I ragazzi, oggi, sono scesi in piazza. Con quale motivazione? Leggiamo cronache e agenzie di stampa per capire. “Oltre 70mila studenti hanno sfilato in corteo dal Nord al Sud d’Italia per rivendicare il diritto allo studio”. Diritto sacrosanto, per carità. Ma spostare l’asso della questione non aiuta a risolvere il dilemma. In altre parole, il diritto allo studio è da difendere sempre al di là di scioperi. Dunque, ci dev’essere qualche ragione concreta che attenta questo diritto. Ma quale? “Per i sindacati studenteschi – raccontano giornali e agenzie – la manovra annunciata dal governo ignora i problemi della scuola: la finanziaria non prevede maggiori risorse per il diritto allo studio né per la qualità della formazione o della ricerca”. Punto.

A conti fatti, stando agli elementi concreti e oggettivi di cui disponiamo, lo sciopero è stato indetto per difendere un diritto che sarebbe in pericolo per via di una Manovra che ad oggi, di fatto, non esiste dato che verrà presentata (in bozza, peraltro) solo lunedì.

UN PRETESTO DA SFRUTTARE – Parliamo, dunque, di una sorta di sciopero preventivo. Ma il rischio – questo sì concreto – è che gli studenti in questo modo si facciano strumentalizzare, compromettendo così di essere presi sul serio. Sia chiaro: semmai dovessero esserci pesanti tagli all’istruzione non solo sarebbero giusto ma anche doveroso scendere in piazza. Non ha però alcun senso farlo prima dei tempi, basandosi semplicemente su articoli pubblicati, casomai, da chi un giorno sì e l’altro pure avanza attacchi pretestuosi contro questo Governo. I ragazzi, tutti, sono troppo intelligenti per non capire che c’è chi non aspetta altro che cavalcare lo sciopero per fare campagna elettorale e cercando un disperato rilancio, sindacale o politico. E così, a chiusa di uno sciopero illogico, un gesto altrettanto illogico: incendiare i manichini di Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Quale la motivazione di un gesto che, inevitabilmente, macchia tutte le manifestazioni di ieri? L’unico risultato ottenuto è stato quello di aver provocato la reazione scontata e scomposta di Salvini (“Gesto schifoso”), mentre Di Maio ha preso tutti in contropiede: “Incontriamoci”, ha detto.

Ecco, guardiamo al bicchiere mezzo pieno: un’iniziativa illogica potrebbe portare a un incontro costruttivo. Ma immaginiamo la scena: “Perché avete scioperato?”, chiederà il ministro o chi per lui. Scena muta degli scioperanti (al netto di frasi retoriche). Si sfrutti allora l’occasione per sostituire allo sciopero, proposte concrete.