Suicidi e aggressioni. Le carceri di Napoli sono un inferno

È un allarme inascoltato da troppo tempo. Nelle carceri di Napoli c’è una situazione di seria emergenza sociale.

Suicidi e aggressioni. Le carceri di Napoli sono un inferno

È un allarme inascoltato da troppo tempo. Nelle carceri campane c’è una situazione di seria emergenza sociale che riguarda detenuti e polizia penitenziaria. Sovraffollamento, carenza di agenti ma anche di psicologi ed educatori: sono solo alcuni dei problemi con i quali sorveglianti e sorvegliati si confrontano quotidianamente. I due suicidi avvenuti in meno di 24 ore nel penitenziario di Poggioreale, e che si aggiungono a un decesso sospetto verificatosi nelle due settimane precedenti, amareggiano ma non meravigliano i poliziotti che in più occasioni hanno chiesto maggiori supporti allo Stato e riforme concrete.

È un allarme inascoltato da troppo tempo. Nelle carceri di Napoli c’è una situazione di seria emergenza sociale

“Oggi parliamo di Napoli perché ci sono stati dei morti, ma la situazione in altri istituti di pena non è differente – spiega Domenico De Benedictis, Segretario Nazionale UilPa Polizia Penitenziaria – a Carinola, in provincia di Caserta, ci sono state due aggressioni in tre giorni. Servono provvedimenti urgenti ma non solo, i detenuti che hanno problemi psichici andrebbero curati e non messi in cella con gli altri, il rischio è di innescare delle bombe. C’è poi la carenza di personale per un carico di lavoro esorbitante – aggiunge – in alcune carceri ad esempio si lavora oltre le 9 ore al giorno, alcuni agenti sono costretti a ricoprire tre posti di servizio”. Le varie unioni sindacali chiedono un intervento risolutivo al Governo e si appellano al Sottosegretario alla Giustizia, Andrea del Mastro dopo i casi dei tumulti verificatisi a Santa Maria Capua Vetere, i decessi a Poggioreale e l’escalation di violenze che hanno coinvolto il penitenziario Giovan Battista Novelli di Carinola.

“Lavoriamo in condizioni massacranti – denuncia Ciro Auricchio, Segretario Regionale dell’Unione dei Sindacati di Polizia Penitenziaria – un detenuto su tre soffre di disagi psichici. C’è un vulnus all’interno del sistema, in quanto i reclusi con delle patologie evidenti, invece di essere seguiti all’interno delle Rems permangono nel limbo delle carceri. È fondamentale un supporto terapeutico, la polizia fa quello che può, ma ricordiamo che si trova anche in una condizione di sotto organico con 200 unità in meno soltanto a Poggioreale”.

Per don Palmese “c’è una sorta di discarica sociale dove le persone sono lasciate nel dimenticatoio”

Molti lavoratori speravano nell’apertura a Nola di un nuovo istituto di pena, ma la realizzazione del progetto al momento resta un’utopia. “Nel carcere partenopeo ci sono circa 2000 detenuti per una capienza regolamentare di 1500 – conclude Auricchio – si fanno oltre 400 colloqui al giorno, è una miscela esplosiva”. Il Garante dei detenuti di Napoli, Don Tonino Palmese, più volte a settimane prova a portare all’interno delle celle una parola di speranza, di rinascita e di cambiamento, nonostante le immani criticità: “C’è una sorta di discarica sociale dove le persone, che non hanno come difendersi o non hanno strumenti adeguati per andare avanti, rischiano di vivere nel dimenticatoio e di cadere nella trappola dell’autolesionismo fino ad arrivare al suicidio”.

È preoccupato Don Tonino, presidente della Fondazione Polis, che supporta le vittime di mafia e camorra: “Bisognerebbe in primis implementare ancora di più le esperienze di cosiddetta messa alla prova, in modo da offrire ai detenuti l’opportunità di poter agire da cittadini riconosciuti e, nonostante la detenzione, espiare le proprie colpe attraverso il lavoro; poi andrebbero effettuati degli approfondimenti su come rivedere le strutture carcerarie. Gli istituti sono sovraffollati a tal punto da non individuare più le persone e da raccogliere soltanto le masse”.