Svolta nel caso dell’aereo scomparso

di Maurizio Molinari per La Stampa

Almeno undici componenti di una cellula terrorista islamica sono stati arrestati in Malaysia nell’ambito delle indagini sul volo MH370 scomparso l’8 marzo: a rivelarlo è il «Daily Mail» britannico innescando conferme e smentite delle autorità malesi.

Sono fonti vicine all’inchiesta internazionale in corso a far sapere al quotidiano che gli arresti sono avvenuti a Kuala Lumpur e nello Stato di Kedah al termine di un’indagine congiunta di Fbi e MI6 che ha portato alla scoperta di «un nuovo gruppo terroristico» considerato «molto violento», «collegato ad Al Qaeda» e con la missione di «colpire in Paesi musulmani».

Gli arrestati hanno tutti fra i 22 e 55 anni, includono studenti, uomini d’affari, impiegati saltuari e anche una giovane vedova. Sarebbero sotto interrogatorio da almeno una settimana e quanto stanno rivelando, secondo un alto funzionario dell’anti-terrorismo malese, porta ad avvalorare l’ipotesi che l’aereo con 239 persone a bordo sarebbe stato oggetto di un atto terroristico. Altre indiscrezioni, sempre di fonte britannica, indicano il principale sospetto nel capitato dell’aereo Zaharie Ahmad Shah descritto come un «ossessivo sostenitore» dell’oppositore malese Anwar Ibrahim.

A portare Fbi e MI6 sulle tracce della cellula malese è stato Saajid Badat, l’anglomusulmano di Gloucester che durante il processo a New York contro Sulaiman Abu Ghait – nipote di Osama bin Laden – ha rivelato di aver incontrato in un campo di addestramento afghano alcuni jihadisti malesi a cui diede una bomba miniaturizzata, celata dentro una scarpa, «per fargli capire come potevano entrare in una cabina di pilotaggio» facendo saltare la porta blindata. L’ipotesi del terrorismo era affiorata subito dopo la scomparsa del Boeing decollato da Kuala Lumpur alla volta di Pechino, ma l’annuncio malese sulla caduta dell’aereo in una località remota dell’Oceano Indiano aveva fatto prevalere lo scenario dell’incidente a bordo o del suicidio del pilota.

La scatola nera, però, ancora non si è trovata e a far tornare l’ipotesi del terrorismo sono anche le rivelazioni malesi sul fatto che nel cargo c’erano non solo 200 kg di batterie di litio ma 2,2 tonnellate di una «consegna separata» allo stesso destinatario: la NNR Global Logistic di Pechino. L’assenza di informazioni su tale carico e la presenza fra i passeggeri di 20 dipendenti dell’azienda di semiconduttori texana «Freescale» fa ipotizzare che l’aereo potesse avere a bordo un carico top secret. Ma le fonti ufficiali di Kuala Lumpur smentiscono: un portavoce del ministero degli Esteri parla di «informazione spazzatura» riguardo all’arresto dei jihadisti mentre sul carico «top secret» assicura che si trattava di normali «parti radio».