Una svolta che potrebbe avere del clamoroso nell’inchiesta Consip. La frase “Renzi (Tiziano, ndr) l’ultima volta che l’ho incontrato” attribuita ad Alfreo Romeo, l’imprenditore napoletano ora in carcere per corruzione, non sarebbe stata pronunciata appunto da Romeo, ma da Italo Bocchino. Per questa ragione il capitano dei carabinieri del Noe Giampaolo Scafarto è indagato dalla Procura di Roma per falso materiale e falso ideologico perché “redigeva nell’esercizio delle sue funzioni” l’informativa finita agli atti dell’inchiesta Consip nella quale riferiva fatti secondo i magistrati diversi da quelli in realtà accaduti.

Dopo una serie di accertamenti la Procura di Roma ha scoperto che in realtà a pronunciare quella frase non era Romeo, bensì Italo Bocchino come detto. Secondo quanto indicato nell’invito a comparire, l’ufficiale del Noe affermava nelle carte, contrariamente al vero, che “…ad un certo punto il Bocchino si allontana e il Romeo continua a parlare con il Ruscigno e mentre quest’ultimo commentava negativamente tutti i provvedimenti emessi dalla magistratura ritenendo che non vi siano prove contro il Romeo, quest’ultimo racconta del suo rapporto con il Bocchino per poi affermare: ‘…Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato…’. Questa frase – scrisse ancora Scafarto – assume straordinario valore e consente di inchiodare alle sue responsabilità il Renzi Tiziano in quanto dimostra che effettivamente il Romeo e il Renzi si siano incontrati (circostanza, questa, che verrà riferita a verbale da Alfredo Mazzei sentito il 2 gennaio 2017), atteso che il Romeo ha sempre cercato di conoscere Renzi Matteo senza però riuscirvi. Tale affermazione – scrivono i pm di Roma – era stata proferita da Italo Bocchino come peraltro correttamente riportato sia nel sunto a firma del vicebrigadiere Remo Reale, sia nella trascrizione a firma del maresciallo capo Americo Pascucci, presenti nel brogliaccio informatico”.

Non è l’unico falso contestato al capitano Scafarto. Nella stessa informativa, secondo il pm Mario Palazzi, “al fine di accreditare la tesi del coinvolgimento di personaggi asseritamente appartenente ai servizi segreti ometteva scientemente informazioni ottenute al seguito delle indagini espedite”. In particolare, Scafarto – uno dei militari impegnati nel recupero, a Roma, di “pizzini” scritti nell’ufficio dell’imprenditore Romeo – dopo “aver affermato che durante lo svolgimento dell’indagine ‘lo scrivente ed altri militari di questo comando hanno il ragionevole sospetto di ricevere attenzioni da parte di qualche appartenente ai servizi’ a conforto di ciò indicava, tra l’altro, la presenza di una vettura sospetta il cui conducente risultò poi essere identificato come autista dell’Opera Pia stabilimenti spagnoli in Italia” e residente a pochi metri dal luogo di parcheggio della vettura”. Insomma: facendo un controllo sulla targa dell’automobile in questione, si è scoperto che si trattava semplicemente della macchina in uso a un console che abitava vicino alla stazione dei carabinieri. Interrogato oggi, Scafarto si è avvalso della facoltà di non rispondere.