Tagli e divieti. Così il Governo tradisce i giovani

L'atteggiamento punitivo alimenta il disagio tra i giovani. Dai detenuti evasi dal carcere Beccaria ai cellulari vietati a scuola.

Tagli e divieti. Così il Governo tradisce i giovani

L’evasione natalizia di sette detenuti dal carcere minorile Beccaria ha portato l’attenzione su un tema che dovrebbe essere tra le priorità del nostro Paese e che invece viene ricordato dai vari governi, dai mezzi d’informazione e dall’opinione pubblica solo quando la cronaca ne offre tristemente occasione.

L’atteggiamento punitivo alimenta il disagio tra i giovani. Dai detenuti evasi dal carcere Beccaria ai cellulari vietati a scuola

L’evasione, che vede “mancare ancora all’appello” ancora quattro dei ragazzi è stata facilitata dalla situazione che caratterizza da anni la struttura carceraria milanese, rendendola un eterno cantiere, i cui lavori non finiscono mai per ragioni sconosciute. Così come non finisce mai la turnazione dei “facenti funzione” che adempiono al ruolo di direttore del carcere da quasi vent’anni, non garantendo quella continuità necessaria alla delicatezza di una simile mission lavorativa.

Il sovraffollamento delle carceri destinate agli adulti ha inoltre portato ad estendere il limite anagrafico dei ristretti a ben venticinque anni, facendo venir meno proprio la differenziazione di offerta rieducativa utile a percorsi che, come finalità, hanno il reinserimento nel tessuto sociale ma che non possono essere sovrapponibili per la distanza d’età dei destinatari.

L’articolo 27 della Costituzione mette al centro proprio la funzione rieducativa del carcere che non può non prevedere – discussione che ci accompagna da anni – l’ideazione di un peculiare codice rivolto ai ragazzi che non sia un forzato riadattamento di quello vigente e che tenga conto della convenzione ONU sui minori, prediligendo laddove opportuno le pene alternative alla detenzione, così come previsto dalla riforma delle carceri minorili dell’88.

Il superamento della restrizione della libertà in favore di una “messa in prova” che in caso di buona condotta porta a una cancellazione del reato, sembra essere la via per offrire una possibilità di futuro a quei ragazzi che delinquono, spesso avendo alle spalle famiglie che non fanno loro mancare nulla.

Il comune denominatore pare essere lo smarrimento a cui sono soggette queste vite e che può essere curato attraverso l’esercizio dell’ascolto e del dialogo praticato con figure adeguatamente formate e con un’offerta culturale e scolastica che offra percorsi personali specifici tali da consentire una più facile immissione nel mondo lavorativo.

La carenza di personale penitenziario non agevola questo processo e il governo si prepara con la Manovra economica ad abbattere la scure di ulteriori tagli, riducendo anche le risorse economiche riservate al salario accessorio della Polizia penitenziaria e alimentate con i fondi dei rinnovi contrattuali, certificando il fallimento della gestione complessiva dell’esecuzione penale detentiva.

Parallelamente, il governo vara il Decreto Sicurezza che tra le varie misure prevede l’estensione del daspo (divieto di partecipare a manifestazioni, in genere sportive, ma anche di altro genere) agli over 14 con conseguente interdizione dalla movida unitamente, se previsto, al sequestro dei cellulari e dei dispositivi tecnologici con la finalità di contrastare il cyberbullismo.

Frequentemente la violenza praticata da questi gruppi di ragazzi viene immessa in rete in una esibizione di rabbia e disprezzo della legalità che, acquisendo i tratti della viralità, contribuisce ad alimentare il loro distorto senso di protagonismo.

La visione delle politiche rivolte ai minori che trapela dal decreto sicurezza unitamente alla recente circolare emanata dal Ministero della Pubblica istruzione sul divieto di utilizzo del telefono nelle aule scolastiche, per non parlare della soppressione del Bonus cultura ai diciottenni, indicano un approccio di tipo sanzionatorio e proibizionista, oltre che di corto respiro, che trova il suo senso solo se combinato a una sensibilizzazione culturale e a un pieno ascolto dei nostri giovani partendo dalla prima agenzia educativa che, assieme alla famiglia, è costituita dalla scuola. Proprio a questa dovrebbero essere destinate maggiori risorse in un ripensamento che metta davvero al centro i nostri ragazzi affamati di futuro.

 

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