Ritornano le balle sul taglio delle tasse e in particolare di quelle per il ceto medio. L’obiettivo del governo è “tagliare le tasse in modo equo e sostenibile”, e dopo la riforma delle aliquote Irpef “il nostro lavoro non è finito: intendiamo fare di più e concentrarci oggi sul ceto medio, che è la struttura portante del sistema produttivo italiano”, ha detto la premier Giorgia Meloni intervenendo agli Stati generali dei commercialisti 2025.
Sono almeno tre anni che Forza Italia chiede di alleggerire la pressione fiscale per il ceto medio. “La priorità è il taglio dell’Irpef dal 35% al 33% allargando la base e poi la rottamazione, così si aiuta il ceto medio”, ha ribadito il leader di FI, vicepremier e ministro, Antonio Tajani.
Ma sono almeno tre anni che Meloni promette di farlo e sono almeno tre anni che questo non avviene e la promessa, al pari di tante altre, è puntualmente disattesa. Non solo.
Giorgetti e Leo frenano l’entusiasmo di Meloni sul taglio delle tasse
Il ministro dell’Economia leghista, Giancarlo Giorgetti, e anche il suo vice Maurizio Leo dello stesso partito della premier, frenano l’entusiasmo meloniano. “Abbiamo ancora due anni e mezzo”, dice Giorgetti.
Più articolato il ragionamento di Leo. “Una delle cose è che dobbiamo agire con prudenza, questo atteggiamento prudente ci ha premiati, avete visto i mercati, le agenzie di rating e lo spread oggi a 90”, ha argomentato Leo. Insomma “dobbiamo lavorare, risorse permettendo. Mancano ancora due anni e mezzo”.
Ma non sono solo Giorgetti e Leo a riportarci con i piedi per terra. Ci sono diverse ragioni che non fanno ritenere credibile la promessa di Meloni. Innanzitutto la realtà dei numeri.
Con Meloni la pressione fiscale è aumentata
La pressione fiscale in Italia, secondo l’Istat, è aumentata nel 2024, raggiungendo il 42,6% del Pil, in crescita rispetto al 41,4% del 2023. Un dato che, arrampicandosi sugli specchi, Meloni ha giustificato col fatto che c’è più che gente lavora e dunque le entrate in rapporto al Pil sarebbero aumentate. Non solo. In campagna elettorale, Meloni si impegnò ad abolire le accise. Ma questo governo non solo non lo ha fatto ma ha persino cancellato il taglio delle accise deciso da Mario Draghi.
Per non parlare di quanto è stato tolto alle famiglie. Come la famosa legge di Bilancio del governo che ha aumentato dal 5 al 10% l’Iva sul latte in polvere e l’Iva sui seggiolini dal 5 al 22%. E anche l’imposta sul valore aggiunto sugli assorbenti è passata dal 5 al 10%.
Opposizioni all’attacco: da Meloni solo slogan e propaganda
“Meloni oggi lancia slogan sul taglio delle tasse dopo quasi tre anni di nulla al Governo. Tempo 5 minuti e si torna alla realtà. Il ministro Giorgetti corre ai ripari: ‘abbiamo ancora due anni e mezzo’. Subito dopo il viceministro all’Economia del partito di Meloni spiega: ‘cautela massima, abbiamo ancora due anni e mezzo, i mercati ci premiano’. Aspettano la prossima campagna elettorale per fare qualcosa. Per ora ‘prima i mercati’”, ha dichiarato il presidente del M5S, Giuseppe Conte.
“Le tasse le hanno tagliate solo alle banche, a cui hanno risparmiato una tassa sugli extraprofitti miliardari. Per gli altri aumenta la pressione fiscale, si tagliano gli sgravi sui mutui per la prima casa dei giovani e si aggiungono nuove tasse alle imprese con polizze catastrofali obbligatorie a carico di chi ha già la zavorra del carobollette”, ha concluso l’ex premier.
Attacca anche il Pd. “Un governo incapace di qualsiasi scelta che possa affrontare le emergenze economiche di famiglie e imprese, ancora una volta si nasconde dietro l’ennesima trovata propagandistica”, ha affermato il dem Francesco Boccia.
“Fino ad oggi Giorgia Meloni le tasse le ha aumentate, e con i suoi 20 condoni fiscali ha aiutato i furbi. Ha favorito le lobby bancarie ed energetiche che, negli ultimi anni, hanno realizzato profitti per oltre 100 miliardi di euro, senza che il suo governo abbia avuto il coraggio di tassare gli extraprofitti”, ha dichiarato da Avs Angelo Bonelli.
Meloni difende il concordato preventivo biennale bollato da sinistra come l’ennesimo condono
Meloni ha ricordato ai commercialisti che “il fisco è anche il biglietto da visita della credibilità di uno Stato, non deve soffocare la società ma aiutarla a prosperare, non deve opprimere famiglie e imprese con regole astruse e un livello di tassazione che non corrisponde al livello dei servizi che lo Stato eroga”.
Un concetto che ci ricorda quanto disse a suo tempo Meloni sulla lotta all’evasione fiscale che si fa dove sta davvero: “big company, banche, frodi sull’Iva, non il piccolo commerciante al quale vai a chiedere il pizzo di Stato”. Di fatto paragonando il sistema tributario all’estorsione mafiosa.
La premier ha difeso poi il concordato preventivo biennale del governo. Concordato che le opposizioni hanno bollato come l’ennesimo condono, appunto.