Il governo, oltre a mettere in campo un piano che miri a far immunizzare tutti con la terza dose, sta vagliando l’ipotesi di ridurre a 9 mesi la validità del Green Pass rispetto a 12 attuali e a 24 ore quella dei tamponi rapidi. Se la comunità scientifica ha un giudizio pressoché unanime sul fatto che la risposta anticorpale scenda dopo un lasso di tempo e che dunque sia necessario limitare la durata del certificato verde, anche sul tampone inizia a farsi sempre più largo fra gli scienziati la convinzione che si tratti di una misura inadeguata in questa fase epidemica.
GLI ESPERTI. A sostenerlo apertamente è stato ieri Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza: “Il tampone antigenico rapido è il tallone d’Achille del Green Pass: nel migliore dei casi non certifica la positività almeno del 30% dei soggetti” e quindi va rivista la modalità di rilascio dello stesso: “Noi lo rilasciamo come accade anche in Europa, ai guariti, ai vaccinati e ai tamponati ma dovremmo irrigidire la modalità di rilascio del certificato”, ha spiegato l’esperto, trovando il sostegno di altri colleghi.
“Sono test con una sensibilità estremamente bassa, tanto che i casi positivi sono attualmente rilevati dallo 0,2% dei test rapidi e dal 6% dei molecolari. Inoltre abbiamo oltre il 50% di falsi negativi”, gli fa eco il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca, “Con le attuali regole per il Green Pass, chi è vaccinato non viene distinto da chi ha fatto il test rapido ed entrambe le categorie si espongono agli stessi eventi, dimenticando che chi non è vaccinato ha quindi rischio maggiore di ammalarsi”.
E ancora: “Nel mondo ideale – continua Broccolo – il test rapido andrebbe fatto tutti i giorni perché, se mi infetto oggi, per 48 ore non si potrà vedere l’infezione con nessun test. Anche le 72 ore di validità del test molecolare sono teoriche perché seppur questo sia ultrasensibile, non si esime dall’eventualità che l’infezione venga contratta dopo poche ore dal test Di conseguenza – conclude – non esiste un test ideale che possa garantire l’assenza di infezione e rischio di diffusione del virus, sia in soggetti non vaccinati che nei vaccinati”.
Altra batosta, dunque, per Matteo Salvini che a suo tempo proponeva di allungare la durata minima del tampone da 48 a 72 ore: “è possibile, anzi doveroso e previsto dall’Europa. Evitare caos, blocchi e licenziamenti il 15 ottobre è fondamentale”, scriveva il 9 ottobre il segretario della Lega in un tweet, che alla fine dovrà arrendersi anche alla revisione delle modalità di rilascio del Green Pass.