Tasi, Tasse

di Gaetano Pedullà

Governo nuovo, ricette vecchie. Regolati i conti interni tra il premier Pd, Renzi, e il sindaco di Roma Pd, Marino, ieri si è messa la solita pezza al buco finanziario della Capitale, anticipando un po’ delle risorse dovute alla gestione commissariale del debito. Problema risolto? Macché: ne riparliamo l’anno prossimo. Nel giorno in cui l’Istat ci avvisa che la disoccupazione ha raggiunto nuove tragiche frontiere, nello stesso decreto con cui si salva (per ora) Roma, il governo ha messo un regalino per tutti gli italiani, dalle Alpi all’Etna: da oggi i sindaci possono aumentare la Tasi (nuovo nome della patrimoniale sugli immobili che prima si chiamava Imu e Ici) fino allo 0,8 per mille (prima era 0,5 per mille). Proprio mentre il Presidente del Consiglio prometteva che il primo provvedimento sarà il Job Act, cioè le misure per sostenere l’occupazione, il suo esecutivo il primo atto lo aveva già varato, con l’accortezza di non assumersi la responsabilità diretta del nuovo inasprimento fiscale sulla casa, ma delegando il ruolo di esattore ai sindaci. La grande stagione delle riforme promesse da Renzi si apre dunque con le stesse scene del film horror che vediamo da anni: tasse, sovrattasse e sempre tasse. È questa la strada che può portarci fuori dalla palude? Il nuovo premier si è appena messo al lavoro. Dargli credito è doveroso nella speranza che riesca a far ripartire questa Povera Italia. Ma la fiducia svanisce presto senza risultati o almeno gesti (non solo parole o atteggiamenti) di profonda discontinuità con il passato. E aumentare le tasse sulla casa tutto può essere tranne che una novità, purtroppo, per i contribuenti italiani.