Telecom regalata agli spagnoli con l’investitura di Letta

di Cinzia Meoni

Alla fine sulla saga di Telecom Italia si appresta a calare il sipario. Ma, neppure questa volta, ci sarà un happy end. Salvo imprevisti, il controllo del colosso tlc presieduto da Franco Bernabè passerà agli spagnoli di Telefonica per 850 milioni circa tra contanti e titoli versati dal gruppo guidato da César Alierta direttamente a Telco, la cassaforte che controlla l’azienda italiana, e ai suoi azionisti finanziari italiani (Intesa Sanpaolo all’11,62%, Mediobanca all’11,62% e Generali al 30,58%). Sul mercato e tra i piccoli azionisti non si vedranno neppure le briciole dell’operazione che, a tutti gli effetti, renderà l’ex Sip un’azienda spagnola. Ma per Telecom Italia non è una novità visto che, al di fuori dell’Opa lanciata nel lontano 1999 dai capitani coraggiosi di Roberto Colaninno, i diversi passaggi sul ponte di comando non hanno mai coinvolto i piccoli azionisti.

Il piano
L’accordo, annunciato ieri mattina, è arrivato dopo un tira e molla di un mese e mezzo. Da tempo i tre azionisti italiani, soprattutto Mediobanca e Generali (mentre Intesa, forte della sua vocazione di banca di sistema, aveva mantenuto un atteggiamento più aperto), davano segni di insofferenza. E in più di un’occasione avevano lasciato trapelare la volontà di cogliere al volo la finestra di uscita dal patto Telco, opzione da esercitare entro il 28 settembre. E’ appena il caso di ricordare che i tre gruppi erano stati chiamati nel 2007 a difendere l’italianità di Telecom Italia e della sua rete (asset strategico dello Stato, almeno fino ad oggi). Da giorni, poi, il mercato aveva acceso i riflettori proprio su Telefonica dopo aver scommesso su un intervento di terzi (dalla America Movil di Carlos Slim, ad AT&T, a Vodafone a Hutchinson Whampoa). Ma, per quanto atteso, l’annuncio non ha mancato di suscitare polemiche fuori e dentro i Palazzi romani.

La svendita
Di svendita si tratta e per di più di un’attività strategica che dovrebbe essere difesa. Non solo. L’operazione non porta il minimo beneficio ai milioni di piccoli azionisti del gruppo e si teme che possa ulteriormente impoverire la comunità con tagli al personale e chiusure. Quanto alle modalità, il programma è decisamente articolato. La scalata di Telefonica avviene a monte, ovvero in Telco, dove il gruppo guidato da Alierta salirà dall’attuale 46,2% al 66% tramite un aumento di capitale riservato da 324 milioni e, successivamente, al 70% (sempre con una ricapitalizzazione da 117 milioni). Contemporaneamente Telefonica salirà al 70% anche del prestito obbligazionario emesso da Telco. Inoltre il colosso tlc di Madrid si aggiudica diritti di opzione sulle quote residue del veicolo di controllo di Telecom Italia. Telefonica infatti riceverà azioni prive del diritto di voto convertibili a partire da gennaio quando l’accordo sarà digerito da autorità, governi e mercato. Sempre con il nuovo anno, inoltre, Telefonica potrà esercitare la call per incassare tutte le azioni di Telco. L’operazione valorizza i titoli di Telecom Italia indirettamente detenuti da Telco tra 1,09-1,1 euro, il doppio rispetto alle attuali quotazioni di mercato, ma leggermente meno dell’iscrizione dei titoli a bilancio della finanziaria (1,2 euro).

Le incognite
Quanto al futuro, le incognite sono diverse. Non è neppure detto che si arrivi a una fusione dei due gruppi tlc, non almeno nel breve termine. Tanto più che il patto in Telco formalmente va avanti e la posizione dei soci italiani nella nomina del cda (quello attuale scade ad aprile) rimane privilegiata. I punti su cui verosimilmente verteranno le discussioni sono tre: il debito di Telecom Italia (che verrà in futuro consolidato in Telefonica, su cui già gravano 51,8 miliardi di debiti), l’eventuale futuro spin off della rete con il coinvolgimento della Cdp (l’asset rimane strategico) e l’amaro destino di Tim Brasil, di cui verosimilmente verrà imposta la cessione dall’Antitrust brasiliano. Difficilmente Telecom Italia riuscirà spuntare, un questa situazione, un prezzo premium per Tim Brasil e il sacrificio sarebbe inutile. “La cessione del gioiello della corona di Telecom potrebbe ridurre la leva di un misero 0,1, non abbastanza per risolvere i problemi di capitale del gruppo”, nota Bofa Merrill Lynch.

Il governo italiano
Dopo giorni di assordante silenzio, sulla questione ieri è intervenuto il premier Enrico Letta. «Vigileremo perché ci sia massima attenzione ai profili occupazionali e agli aspetti strategici per l’Italia», ha spiegato il presidente del consiglio, aggiungendo che «Telecom è stata privatizzata e di tutte le privatizzazioni italiane non è stata uno dei più grandi successi». Letta ha infine chiarito che «se arrivassero dei capitali europei credo che aiuterebbero Telecom a essere migliore rispetto agli ultimi 15 anni».