Temperature marine record e oceani in ebollizione

Il 2023 si apre con la notizia di un record relativo al riscaldamento degli oceani accompagnato dalla variazione di salinità delle acque.

Temperature marine record e oceani in ebollizione

Mentre in Italia nei dibattiti politici e televisivi qualcuno ha il fegato di mettere in discussione l’esistenza del surriscaldamento globale e del cambiamento climatico, nonostante praticamente tutta la comunità scientifica lo certifichi, il 2023 si apre con la notizia di un nuovo record relativo al riscaldamento degli oceani accompagnato da un aumento della stratificazione e dalla variazione di salinità delle acque che prefigurano quale sarà il futuro del mare in continuo riscaldamento.

Il 2023 si apre con la notizia di un nuovo record relativo al riscaldamento degli oceani accompagnato dalla variazione di salinità delle acque

Secondo lo studio Another year of record heat for the oceans, pubblicato ieri sulla rivista Advances in Atmospheric Science, nel 2022, per il settimo anno consecutivo, il contenuto termico delle acque dell’oceano ha segnato un nuovo record. L’articolo firmato da un team internazionale di 24 ricercatori di 16 istituti, evidenzia un valore record di calore accumulato nei primi 2000 metri di profondità dell’oceano nel 2022.

Nello specifico, rispetto al valore record raggiunto nel 2021, il contenuto di calore dell’oceano (OHC, Ocean Heat Content), stimato nel 2022 tra la superficie e i 2000 metri di profondità, è aumentato di circa 10 zetta joule (ZJ), equivalenti a circa 100 volte la produzione mondiale di elettricità del 2021, circa 325 volte quella della Cina, 634 volte quella degli Stati Uniti e poco meno di 9.700 volte quella dell’Italia. Per dare un’idea della enormità del valore di energia accumulato, 10 ZJ di calore possono mantenere in ebollizione 700 milioni di bollitori da un litro e mezzo di acqua per tutta la durata dell’anno.

Lijing Cheng dell’Accademia Cinese delle Scienze, nonché primo autore del lavoro, ha così commentato questi risultati: “Il riscaldamento globale dell’oceano continua e si manifesta sia con nuovi record del contenuto termico delle acque, ma anche con nuovi valori estremi per la salinità. Le aree già salate diventano ancora più salate mentre le zone con acque più dolci diventano ancora meno salate: c’è un continuo aumento dell’intensità del ciclo idrologico”.

Tre indicatori chiave del cambiamento climatico relativi all’oceano confermano il continuo aumento della temperatura in abbinamento a livelli sempre più elevati di salinità e all’aumento della sua stratificazione, ovvero la separazione dell’acqua in strati che può ridurre fino ad annullare il rimescolamento e gli scambi tra la superficie e le zone più profonde. I dati del 2022 confermano che tutti questi fenomeni continuano su scala globale anche se non in modo omogeneo nei vari bacini.

Preoccupa l’alterazione dei livelli di salinità per la vita degli ecosistemi

Tra le tante conseguenze, l’aumento della salinità e della stratificazione dell’Oceano può alterare il modo in cui il calore, il carbonio e l’ossigeno vengono scambiati tra l’oceano e l’atmosfera. Questo è un fattore che può causare la deossigenazione all’interno della colonna d’acqua che suscita forte preoccupazione, non solo per la vita e gli ecosistemi marini, ma anche per gli esseri umani e gli ecosistemi terrestri.

Tutto ciò contribuisce a ridurre la biodiversità marina, inducendo ad esempio specie ittiche importanti a spostarsi, provocando situazioni critiche nelle comunità dipendenti dalla pesca e la loro economia, originando quindi un effetto a catena sul modo in cui le popolazioni interagiscono con il proprio ambiente circostante.

Al tempo stesso, anomalie a livello meteorologico sono state ben evidenti nel 2022, che sarà ricordato per le ripetute ondate di calore in particolare nell’Europa occidentale con nuovi record di temperature atmosferiche in molti periodi dell’anno combinate ad una significativa riduzione delle precipitazioni. La conseguente siccità in queste aree ha influito negativamente non solo sulle attività agricole ma anche sulla qualità della vita delle persone (per gli elevati consumi energetici, per la climatizzazione e per la produzione dell’energia elettrica stessa), aumentando anche il rischio di incendi.

In altre aree si sono verificate invece alluvioni spesso sostenute dall’incremento di evaporazione nei mari più caldi. Tutto questo contribuisce a modificare il ciclo idrologico, rimarcando il ruolo interattivo che rivestono gli oceani. Il nostro Mediterraneo si conferma il bacino che si scalda più velocemente tra quelli analizzati nello studio, ma il contenuto di calore nel 2022 si attesta allo stesso livello del 2021 secondo le stime dello IAP-CAS (Institute of Atmospheric Physics, Chinese Academy of Sciences). I dati del modello di rianalisi del Mediterraneo prodotti e distribuiti dal servizio marino europeo Copernicus indicano invece una sua diminuzione rispetto al 2021.

Tali differenze possono attribuirsi alle diverse tecniche di elaborazione dei dati e alla loro distribuzione spazio-temporale. Variazioni di breve periodo (inter-annuali) sono comunque parte caratteristica del sistema e ulteriori approfondimenti sono attualmente in corso. Anche l’Oceano, come l’Europa e le città italiane, bolle. Con una temperatura media di 16.9 °C e solo 392.3 mm di pioggia il 2022 a Milano è stato l’anno più caldo e meno piovoso dal 1897 a oggi.

Tra febbraio e marzo vi sono stati 42 giorni consecutivi senza precipitazioni

Tra febbraio e marzo vi sono stati 42 giorni consecutivi senza precipitazioni, ma in generale tutto l’anno è stato caratterizzato da un susseguirsi di lunghi periodi siccitosi. L’unico episodio grandinigeno si è registrato il 9 maggio, mentre non vi sono stati eventi nevosi.

Non agire a sostegno dell’ambiente rischia di rallentare la crescita economica

E ieri Deloitte ha lanciato l’allarme: non agire preventivamente a sostegno dell’ambiente rischia di rallentare la crescita economica e impattare negativamente i livelli di occupazione: sono 800 milioni i posti di lavoro in tutto il mondo – circa il 25% dell’attuale forza lavoro globale – altamente vulnerabili al cambiamento climatico e al suo impatto sull’economia. E tutto questo non si lava via con un po’ d’acqua come la vernice sul muro del Senato.