Tensioni sul taglio dei parlamentari. Pure Zingaretti si mette di traverso. Mal di pancia nel Pd in vista del referendum. Il leader dem vuole prima la nuova legge elettorale

Sul taglio dei parlamentari il Pd torna a mettersi di traverso. Dopo averlo votato, come previsto negli accordi presi per la formazione del governo giallorosso, non essendo stata approvata una nuova legge elettorale ugualmente parte dell’intesa, i dem stanno manifestando una serie di mal di pancia in vista del referendum confermativo di settembre. Ma sul taglia-poltrone il Movimento 5 Stelle non è minimamente disponibile a trattare. Non è colpa dei pentastellati se Italia Viva sta ostacolando l’approvazione di una nuova legge elettorale e a rinunciare alla riduzione del numero di deputati e senatori M5S non ci pensa minimamente. Una situazione che sta generando nuove frizioni all’interno dell’esecutivo.

IL QUADRO. “Senza una nuova legge elettorale, il taglio dei parlamentari può diventare pericoloso. A rischio è la rappresentatività del Parlamento”, ha sostenuto il segretario dem Nicola Zingaretti, attestandosi sulla stessa linea di padre Bartolomeo Sorge. “Tagliare i parlamentari senza riforma elettorale vuol dire mutilare la nostra bella Costituzione. No allo scempio! Costituzione mutilata è sinonimo di democrazia bloccata!”, ha twittato l’ex direttore di Civiltà Cattolica. Ma ad aprire un simile fronte è stato lo stesso Goffredo Bettini, principale suggeritore di Zingaretti. A cercare di smussare un po’ le posizioni è stato quindi il capogruppo dem alla Camera, Graziano Delrio, affermando che i dem sono stati i primi a chiedere di rimettere in moto il percorso di riforma della legge elettorale e che vogliono accelerare non per puntiglio, ma per dare seguito a un accordo che ha come unico scopo quello di difendere la Costituzione.

Un conflitto scatenato dal solito Matteo Renzi, che ha dato l’ok e poi frenato sul proporzionale che trova d’accordo Pd, Movimento 5 Stelle e, seppure con i dovuti distinguo, anche Leu. Il leader di Italia Viva guarda del resto più al suo futuro e a quello del suo piccolo partito che a quello del Governo, anche se sostiene che la sua è una posizione coerente, portando avanti il modello elettorale dei sindaci, ovvero il maggioritario. Liberi e Uguali, tramitte il capogruppo Federico Fornaro, specifica invece di essere “da sempre” a favore del proporzionale “con una soglia di sbarramento ragionevole”, dunque non quel 5% fissato in un primo accordo di maggioranza, che rischierebbe di tenere fuori dal Parlamento diverse forze politiche.

E tra queste proprio Leu. “Le preoccupazioni espresse da molte personalità, in ultimo da Bartolomeo Sorge, sul pericolo di votare a favore del referendum sul taglio ai parlamentari senza una nuova legge elettorale, sono fondate e sono anche le nostre”, insiste Zingaretti, cercando per l’ennesima volta di evitare uno strappo e chiedendo così collaborazione ai renziani. “Rinnovo l’appello alla collaborazione, a tutti gli alleati e a fare di tutto affinché, a partire dal testo condiviso dalla maggioranza, si arrivi entro il 20 settembre a un pronunciamento di almeno un ramo del Parlamento”, ha dichiarato il segretario dem.

Visto che il provvedimento, che sarebbe dovuto approdare in aula alla Camera il 27 luglio è rimasto fermo in commissione Affari costituzionali, c’è chi nella maggioranza spera in un aiutino da parte dei cosiddetti responsabili di Forza Italia. Gli azzurri non scoprono però le carte. Mariastella Gelmini sostiene che le “urgenze sono altre”. Stessa posizione della capogruppo al Senato, Anna Maria Bernini, parlando di “matrimonio di interesse” giallorosso. Ma in momenti di difficoltà alla fine il soccorso azzurro può arrivare.