La lezione del terremoto a Ischia. Dalle assicurazioni obbligatorie al fascicolo del fabbricato. Le soluzioni non mancano per salvare un’Italia fragile

Lo sfarinamento delle case a Ischia per un modesto terremoto riporta al centro dell’attenzione tre grandi temi sui quali non si ha il coraggio di decidere

Lo sfarinamento delle abitazioni a Ischia per un modesto terremoto riporta al centro dell’attenzione tre grandi temi sui quali dopo anni di dibattito non si ha il coraggio di decidere mai. Il primo è l’obbligatorietà del Fascicolo del fabbricato, sul quale le associazioni dei costruttori stanno combattendo inascoltate una lunga battaglia. Ieri il ministro Graziano Delrio ha auspicato una decisione in tal senso, ma ad oggi il Fascicolo che certifica la stabilità degli edifici resta solo facoltativo. Dalla Confederazione nazionale dell’Artigianato Cna alle altre associazioni di settore non ci si rassegna. Il fascicolo è la misura più efficace per costringere i proprietari di immobili a mettere i loro edifici in sicurezza, spiega Marco Matteoni, presidente di Confartigianato Edilizia Roma, ricordando che persino nella Capitale nell’ultimo anno si sono avuti non pochi crolli di palazzine improvvisi e disastrosi.

Il secondo tema è il contrasto all’abusivismo edilizio. Chi costruisce fuori dalle regole quasi mai utilizza i requisiti minimi di sicurezza, e per questo tali fabbricati sono potenzialmente insicuri e pericolosi. Terzo tema è poi l’obbligatorietà di assicurare le abitazioni contro le calamità naturali. Su questa materia da tempo sta combattendo una crociata personale il presidente della Consap, Mauro Masi. Dal timone della concessionaria per le assicurazioni dello Stato, Masi ha confrontato i diversi modelli oggi esistenti nel mondo. Pochi sanno infatti che in molti Paesi è obbligatorio assicurare gli immobili che in caso di catastrofe naturale sono ripagati dalle compagnie di assicurazione e non dallo Stato. “Proprio domani – ha detto Masi a La Notizia – sarà passato un anno dalla prima forte scossa di terremoto che ha sconvolto l’Italia centrale.

Ma già in questi giorni si rincorrono le polemiche sui veri o presunti ritardi relativi agli interventi di ricostruzione. In realtà, nessuno può negare il grande sforzo comune che si è fatto per garantire soccorsi e aiuti dopo l’evento. Pur tuttavia, come ha detto il Presidente dell’Ania Bianca Farina nella relazione annuale dello scorso 5 luglio, “a fronte delle grande solidarietà che è scattata, abbiamo la responsabilità di fare di più per prevenire e mitigare rischi di questo tipo”. Il Governo con il piano “Casa Italia” – ha ricordato Masi – si è impegnato a garantire una ricostruzione efficace e il monitoraggio rigoroso del rispetto dei criteri antisismici. Guardando peraltro il fenomeno in una prospettiva più generale, c’è da dire che il nostro sistema così come si è sviluppato negli anni prevede un intervento sostanzialmente a piè di lista da parte dello Stato attraverso la fiscalità generale. Molti sostengono che ciò corrisponde ad un obbligo non derogabile del “welfare state”, dello Stato Sociale. È vero, ma è altrettanto vero che i vincoli di Bilancio rendono questo tipo di intervento sempre più difficilmente attuabile (il costo medio nell’ultimo quarantennio è stato di oltre 3 miliardi di euro annui). Da qui la necessità di forme innovative che non gravino, in tutto o in parte, sulla finanza pubblica ma che consentano ugualmente di far fronte agli obblighi dello Stato Sociale. In questo quadro il ricorso a polizze per la copertura di danni catastrofali appare una delle strade più efficacemente percorribili. Temendo di imporre una nuova tassa lo Stato però resta immobile. E per le vittime di sismi e alluvioni il futuro resta nerissimo.