Infine venne l’ora di Stefano Bonaccini. Il presidente della Regione Emilia Romagna lancia la sua candidatura al prossimo congresso del Partito democratico e scegli di farlo dal circolo della sua Campogalliano, nel modenese.
Il governatore emiliano Stefano Bonaccini punta alla segreteria Pd e snobba le correnti. Poi però cerca Conte e Calenda per accontentarle tutte
Decide di farlo prendendo subito le distanze dalle correnti del Pd: “Non chiederò ad alcuna corrente di sostenermi né vorrò il sostegno di qualsivoglia corrente. Non possiamo più permetterci di selezionare le classi dirigenti attraverso le correnti, basta”, spiega, non rinunciando a una stoccata contro le scelte dell’ultima campagna elettorale: “Mi ha impressionato vedere tutti i nostri dirigenti candidati nei listini – spiega – invece che nei collegi uninominali a strappare voto su voto, come fanno i sindaci. Non possiamo selezionare il gruppo dirigente attraverso le correnti. Basta. Questo metodo non seleziona il merito ma la fedeltà, e ci toglie consensi. Io non chiedo il sostegno di nessuna corrente”.
Ha ragione da vendere il candidato segretario sugli effetti catastrofici dei caminetti interni tra i Dem. Resta da capire però cosa intenda: “Io non ho mai fatto parte di correnti – ha insistito -. Ho coordinato la campagna elettorale in cui Renzi vinse le primarie, ho sostenuto l’elezione di Bersani, ma non sono mai stato della corrente bersaniana o renziana.
Può essere. Di certo Bonaccini ha sostenuto convintamente Matteo Renzi nelle primarie dell’8 dicembre 2013, per eleggere il nuovo segretario nazionale al punto da diventare il coordinatore della campagna elettorale renziana. Forse non era “iscritto” alla corrente ma di certo l’essere stato così vicino all’ex segretario avrà influito sulla sua nomina a Coordinatore degli Enti Locali e al fatto di essere stato a un passo dal posto di responsabile dell’organizzazione del partito.
Niente correnti dice Bonaccini ma intanto la corrente Base riformista (formata dagli ex renziani guidati da Lotti e Guerini) ha già annunciato la propria convinta adesione. Ed è un fatto politico che all’annuncio della sua candidatura fossero presenti Graziano Delrio, il presidente della regione Toscana Eugenio Giani, Alessia Morani e l’ex capogruppo al Senato Andrea Marcucci.
Sarà per questo che ospite di Lucia Annunziata ha aggiustato il tiro chiarendo che “le correnti in sé non sono per forza un male, ma negli ultimi anni sono diventate più un elemento di presenza territoriale per delle classi dirigenti che per fedeltà arrivavano anche in Parlamento”. Valutare la composizione della sua lista di candidati all’assemblea nazionale sarà la cartina tornasole. Sulle alleanze, come già ripetutamente ha spiegato in queste settimane, Bonaccini promette attenzione sia al M5S (a cui non vuole “delegare di rappresentare da soli la sinistra”) e il cosiddetto Terzo polo (che non devono essere “da soli i moderati”) rilanciando quindi l’idea di un Pd come asse “imprescindibile del panorama politico”.
Anche in questo caso al di là dei propositi e della teoria resta da capire cosa il Pd intende fare quando M5S e Terzo polo si escluderanno a vicenda perché lì c’è tutto l’incagliato imbarazzo del Pd: dovendo scegliere da che parte di deciderebbe di stare il Pd? Perché a oggi Renzi e Calenda non hanno nessuna intenzione di dialogare con Conte e vale anche il contrario.
Nel momento in cui ci si ritrova di fronte a una scelta (come sta accadendo nel Lazio e nella Lombardia) i propositi di trovare una sintesi non sembrano funzionare. A meno che qualcuno non sia un nuovo Gandhi. Ma Bonaccini non è Gandhi e anzi di Gandhi in giro, di questi tempi, non se ne vedono proprio. Su questo fraintendimento continua a caracollare il Pd.