Testimonianza shock. Calci in faccia a Stefano. Il teste chiave racconta il massacro di Cucchi

La testimonianza del carabiniere che incolpa due colleghi del pestaggio

Prima un ceffone in pieno volto e un calcio sulla schiena, poi un terrificante spintone e un altrettanto spaventoso calcio in faccia di cui si ricorda ancora il rumore sinistro. È il racconto di quanto accaduto a Stefano Cucchi, il 30enne geometra romano rimasto vittima nel 2009 per le conseguenze di un pestaggio da parte dei Carabinieri, raccontati da Francesco Tedesco, ovvero uno dei carabinieri imputati nel processo bis.

L’imputato, a distanza di nove anni dai fatti, per la precisione il 9 luglio del 2018, ha deciso di vuotare il sacco raccontando tutto al Procuratore capo Giuseppe Pignatone e al pubblico ministero Giovanni Musarò. E lo ha fatto puntando il dito contro i colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, coimputati nel procedimento assieme a Tedesco e altri due colleghi tra cui il maresciallo Roberto Mandolini che all’epoca dei fatti rivestiva il ruolo di comandante interinale della stazione di Roma Appia. I cinque sono accusati, a seconda delle posizioni, di aver falsificato il verbale e di aver dato la colpa dell’aggressione a tre agenti della polizia penitenziaria, processati e già assolti definitivamente.

Un racconto, quello fatto dal militare, che quasi in presa diretta ha ricostruito prima l’arresto di Cucchi, per questioni di droga, poi l’intero pestaggio consistito in una devastante sequenza di schiaffi, calci e spintoni. Tutto sarebbe avvenuto rapidamente quando il ragazzo veniva trasportato da Tedesco, D’Alessandro e Di Bernardo, in caserma per il foto segnalamento. Un’operazione di routine a cui il geometra voleva sottrarsi e che finiva per scatenare un acceso battibecco con gli accompagnatori. In particolare con Di Bernardo al quale il ragazzo cercava di rifilare un ceffone, senza riuscirci.

IL PESTAGGIO – Un gesto che faceva saltare i nervi al militare che rispondeva con uno schiaffo in pieno volto a Cucchi. Subito dopo interveniva il collega D’Alessandro con un potente calcio, sferrato con la punta del piede. “Un’azione combinata” messa in atto dai due, almeno secondo il racconto del denunciante, che si concludeva con un ulteriore calcio che produceva un orribile suono. Un pestaggio a cui Tedesco si sarebbe opposto prima urlando ai colleghi di fermarsi, poi frapponendosi a loro nel tentativo di proteggere l’arrestato che gli diceva “sto bene, io sono un pugile” ma che appariva fortemente stordito. Ai magistrati, l’uomo ha raccontato molto altro a partire dal fatto che non aveva mai denunciato nulla per paura di ritorsioni da parte di quelli che lui ritiene i veri autori del pestaggio.

Non solo, l’uomo ha anche raccontato dei presunti favoritismi fatti dal Mandolini nei confronti di Di Bernardo e D’Alessandro perché “portano a casa molti arresti” e, soprattutto, la circostanza secondo cui l’allora comandante interinale fosse a conoscenza di quanto accaduto e che, in occasione degli interrogatori sostenuti nel 2009, gli avrebbe suggerito: “Al Pm digli che Cucchi stava bene, e che non è successo niente… capisci a me, poi ci penso io, non ti preoccupare”. Nel frattempo, la Procura ha aperto un nuovo fascicolo per falso con indagati altri Carabinieri tra cui Francesco Di Sano, il militare che scrisse due annotazioni di servizio ritenute sospette dai Pm.