Primo Maggio amaro per il lavoro. Adesso serve una rivoluzione

La deputata M5S Ciprini: Conte ha evitato il peggio. “Avanti col salario minimo e stop al gap di genere”

Primo Maggio amaro per il lavoro. Adesso serve una rivoluzione

Dall’Istat arrivano nuovi dati sull’occupazione. Rispetto a febbraio 2020 gli occupati sono quasi 900 mila in meno. A marzo scende leggermente il dato sulla disoccupazione, ma non per le donne e i giovani. Tiziana Ciprini, deputata M5S e membro della commissione Lavoro, non è un bel Primo Maggio?
“Il Coronavirus si è abbattuto come una tempesta su tutti noi, colpendo con maggior forza donne e giovani impiegati nei settori più precari e con bassi salari. Anche per questo, nell’ultima legge di Bilancio abbiamo introdotto sgravi contributivi al 100% per favorire il loro ingresso nel mercato del lavoro. Le misure messe in campo lo scorso anno dal governo Conte – cassa integrazione anche per le aziende con un solo dipendente, blocco dei licenziamenti e sostegno alla liquidità delle imprese – hanno evitato un aumento ancor più marcato della disoccupazione. Recentemente, Bankitalia ha stimato come queste abbiano tutelato circa 400mila posti di lavoro. Garantiremo il massimo sostegno a lavoratori, famiglie e aziende fino a quando sarà necessario e contemporaneamente, con il Pnrr, riorganizzeremo la formazione dei lavoratori in transizione e disoccupati grazie al Piano Nazionale Nuove Competenze”.

Secondo l’Inail le denunce di infortunio mortale sul lavoro sono cresciute nel primo trimestre dell’anno dell’11,4%. Anche questi dati richiedono risposte.
“È indubbio. Con i protocolli di sicurezza anti-contagio abbiamo inteso salvaguardare la salute dei lavoratori tutelando il tessuto produttivo ma ora bisogna riaprire al più presto il tavolo ministeriale inaugurato dall’ex ministra Catalfo per aggiornare e rafforzare il “Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”, puntando sul potenziamento della formazione ma anche sul rafforzamento della vigilanza”.

Attualmente la proroga del blocco dei licenziamenti è prevista fino al 30 giugno. Perché per il M5S è necessario estenderla?
“Il motivo è semplice: ci siamo trovati ad affrontare la pandemia con un sistema di ammortizzatori sociali frammentato e, quindi, inadeguato. Catalfo stava lavorando a una riforma in senso universalistico e aveva predisposto una bozza che includeva per la prima volta anche gli autonomi. Poi la crisi aperta da Renzi ha bloccato tutto. Il ministro Orlando è ripartito da zero e il nuovo impianto, se va bene, non sarà in vigore prima di gennaio 2022. Rischiamo di ritrovarci a gestire decine di migliaia di uscite dal mercato senza le giuste contromisure: per questo a nostro avviso è necessario prorogare il blocco dei licenziamenti”.

Dal Recovery plan è saltato il riferimento al salario minimo. Il M5S da tempo si batte contro la povertà lavorativa.
“Il M5s parla di salario minimo orario dal 2013. Bene quindi che ora anche l’Ue abbia deciso di muoversi nella stessa direzione. Contestualmente a quanto avviene in Europa, in Italia continueremo a portare avanti la nostra proposta. Sul tema si sono scritte molte falsità. Qualcuno è arrivato a dire che l’istituzione del salario minimo minerebbe il sistema delle relazioni industriali. È vero il contrario. E poi, anche la nostra Costituzione dice che un lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro. Andremo fino in fondo”.

Il Recovery plan ha indicato tra le priorità quella della parità di genere. Cosa ne pensa il M5S?
“Serve una rivoluzione culturale. La promozione di strumenti deputati a rafforzare la partecipazione femminile al mercato del lavoro, inclusa la realizzazione di asili nido e infrastrutture sociali, è imprescindibile. E poi, va prevista con un fondo ad hoc la creazione di corsi di formazione e sostenuto il rientro al lavoro delle donne dopo la maternità. Quanto al divario retributivo di genere, entro giugno, come chiesto dal M5s, arriverà in Aula alla Camera la proposta di testo unificato che include anche la mia pdl. Avremmo già tagliato il traguardo ma la crisi di governo lo ha impedito”.

A causa della pandemia, la povertà assoluta è tornata ai livelli di 15 anni fa. Il Reddito di cittadinanza e il Rem si confermano come misure adatte ad arginare il fenomeno?
“Certamente. Quando si parla del Rdc ci si focalizza solo sui ‘furbetti’, che rappresentano una parte infinitesimale dei beneficiari. La verità è che, come ha detto anche l’Ocse, questo strumento ha nettamente migliorato il nostro sistema di protezione sociale. Ora va completata la seconda parte, quella delle politiche attive. Basta ritardi, le Regioni devono correre e assumere al più presto gli 11.600 nuovi operatori previsti dalla riforma da inserire nei Centri per l’Impiego”