Togliamo le manette al Paese

di Gaetano Pedullà

L’Italia dei cavilli legali, dei ricorsi amministrativi e della burocrazia ha fatto un’altra vittima. Questa volta è toccato a un povero infermiere di Genova, la prossima chissà. Possiamo prendercela col destino o con il meteo che ci ha tolto le mezze stagioni, ma se vogliamo guardare in faccia la realtà dobbiamo prendercela solo con noi stessi. Un Paese dove un po’ di maltempo trasforma le città in Grand Canyon ha qualcosa di storto dentro. Per decenni si è consentito di tutto, costruendo dove non si doveva neppure pensare di mettere un mattone fin quando, tutto in una volta, è diventato impossibile aprire un cantiere persino per mettere in sicurezza il territorio, alzare un argine o semplicemente provvedere alle più elementari manutenzioni. Merito di norme sulle opere pubbliche fatte su misura per incasinare tutto. Troppo facile bloccare le imprese che vincono le gare e ingrassare così avvocati, giudici e burocrati. La politica ha perso ogni potere di programmazione e decisione facendo dei Tar i padroni di ogni cosa. Un potere immenso che trae la sua forza non dal fare le cose ma dal non farle fare. Così l’Italia resta immobile. Avanzano solo fiumi d’acqua e frane.