Torriero: “Troppe ambiguità nella destra italiana. Il sovranismo pragmatico è rischioso”

Parla Fabio Torriero (Lumsa): FdI soffre di sindrome elettorale. "Al voto sommano mondi diversi, poi non sanno sintetizzarli".

Torriero: “Troppe ambiguità nella destra italiana. Il sovranismo pragmatico è rischioso”

Fabio Torriero insegna comunicazione politica all’Università Lumsa di Roma. Con lui abbiamo discusso della destra che verrà, in Italia e in Europa, dopo la vittoria in Spagna.

Torriero, in Spagna Sanchez ha deciso, si andrà a nuove elezioni.
“Innanzitutto onore a lui. La sconfitta, anche se erano elezioni parziali, e la sensazione di un vento che sta cambiando l’hanno portato alle dimissioni. La Spagna tra le altre cose assumerà la presidenza del Consiglio europeo a luglio, quindi doppio onore. Tutto lascia prefigurare uno spostamento a destra del futuro Parlamento europeo. Basta pensare alla Spagna, l’Italia, la Finlandia. Macron non se la passa molto bene. La stessa vittoria di Erdogan – anche se non è annoverabile con il resto – indica uno spostamento a destra. Si torna all’accordo di cui si sta parlando in Europa tra Ppe e Conservatori”.

Accordo che avrebbe Giorgia Meloni in prima fila. Però non sembra che la destra italiana sia moderna come molte altre che vediamo in Europa. Qui siamo al patriottismo quasi pittoresco…
“La forma è sostanza. Se è vero come dice Donzelli che Fratelli d’Italia sia pronto a abbandonare la fiamma significa che si vuole costruire un nuovo partito conservatore disposto a rinunciare al passato. È una delle condizioni necessarie. Non è un tema di lana caprina. E questo richiama all’ambiguità di Fratelli d’Italia che io vedo: la sindrome elettorale, la chiamo. Quando si va al voto cercano di sommare più mondi possibili (europeisti, euroscettici, liberali, statalisti, cattolici, laici) e poi quando vanno al governo non riescono a sintetizzarli. Tutte queste componenti non producono una cultura moderna e omogenea. Anche perché le sintesi vanno fatte verso il nuovo, non verso il vecchio. Anche la comunicazione che vediamo a Palazzo Chigi non è così efficace come quando Meloni stava all’opposizione”.

Ma queste uscite come “la sostituzione etnica” sono solo sbavature pittoresche o rivelano i limiti della classe dirigente?
“Se parliamo di classe dirigente non all’altezza mi pare una riflessione trasversale. Io che ero uno che ha combattuto la Prima Repubblica ogni tanto ho qualche nostalgia almeno per la forma mentis. Quando lanci una campagna culturale devi avere una solidità, altrimenti rimane tutta slogan. La Russa e Lollobrigida chiedono scusa, fanno marcia indietro ed è un errore dal punto di vista comunicativo. Anche perché destra e sinistra rappresentano due modelli contrapposti e incompatibili. Allora la destra faccia la destra – senza essere becera – e la sinistra faccia la sinistra. Se parliamo di destra moderna e di destra antica una riflessione sulle nuove povertà e sulle nuove indigenze la destra la deve fare. Non è che la destra non si sia resa conto del mondo che si è evoluto ma mantiene quell’ambiguità di fondo che non ha risolto perché deve strizzare l’occhio a un certo target legato al passato e vuole proiettarsi al futuro. Ora siamo al “sovranismo pragmatico” ma è una strada molto rischiosa. Anche perché di Fondo Meloni ha confermato molte scelte di Draghi. Sul sovranismo per ora c’è solo il cambio di nome dei ministeri”.

Salvini può essere un problema?
“Sul patto Conservatori-Ppe Forza Italia sembra d’accordo. Salvini evidentemente gioca nel gioco. Ha chiesto ai suoi un anno per tornare in auge, nella sua comunicazione gli interessa più la visibilità legata alla risalita della Lega che la compattezza del governo”.

E il centrosinistra italiano?
“Dovranno lavorare per il dopo Meloni, quando ci sarà. Devono creare un nuovo modello. Ma senza il Terzo polo è destinata all’opposizione”.