Toti, l’aziendalista che piace a Marina e Confalonieri

di Marco Castoro

Perché Silvio Berlusconi ha scelto Giovanni Toti come coordinatore della nuova Forza Italia, quella della rifondazione? In prima battuta verrebbe da pensare perché è giovane e fuori dalle beghe di partito che hanno visto falchi e colombe divorarsi le carcasse fino alla scissione con gli alfaniani. Ma ci sono anche altri motivi. Toti è un predestinato. Non si diventa a caso direttore di due dei tre tiggì generalisti di Mediaset: un riconoscimento aziendale (tanto anomalo da essere definito speciale) che nessuno a Cologno ha mai ricoperto. Nell’azienda e nella famiglia del Cavaliere Toti è considerato uno Special One perché è il ragazzo che si è fatto uomo dentro le stanze di Cologno. Partito stagista è arrivato direttore. Sempre pronto a dare l’anima per la causa. A Mediaset gli vogliono tutti bene. A cominciare dal presidente Confalonieri, da Pier Silvio al direttore generale dell’informazione Crippa. È stimato anche da Marina Berlusconi e dentro Mondadori. Gli unici, forse, che lo hanno sempre guardato con diffidenza e scetticismo sono stati Emilio Fede e Clemente Mimun, i quali non hanno facilmente digerito la sua recente ascesa. Toti piace perché è un moderato, un simpaticone che non perde mai la calma. Che ride e scherza, che apprezza la buona cucina e le foto patinate che ritraggono la bellezza femminile. Pur avendo un legame indistruttibile con la moglie Siria Magri (vicedirettore di Videonews che Toti per primo riconosce essere più brava di lui) l’aspirante coordinatore inviterebbe a cena senza battere ciglio Maria Elena Boschi, la renziana più apprezzata. Del resto il nemico è sempre meglio incontrarlo a cena e davanti a una buona bottiglia di Brunello.

Una stampella per l’Italia
I suoi colleghi di Mediaset hanno già clonato lo slogan: Toti, una stampella per l’Italia. Ma in realtà sanno tutti che la nuova avventura lo porterà a Roma e forse definitivamente lontano da Cologno. Certo la sua nomina a coordinatore unico ha generato rancori tra i falchi che magari assaporavano la leadership del partito. Si racconta che Verdini e la Santanchè siano andati fuori dai gangheri. In realtà Toti ha buoni rapporti con tutti. È amico di famiglia di Mara Carfagna. Vanta un ottimo rapporto con Angelino Alfano e anche con la Santanchè ha condiviso palchi, studi televisivi e palcoscenici importanti come la Versiliana. E tutto sommato anche con Verdini non c’è stato mai particolare astio. Però di sicuro non è mai sbocciato né l’amore né l’amicizia.

La rifondazione azzurra
In questo momento c’è un partito da rifondare. C’è una nuova generazione che deve raccogliere l’eredità della precedente. Che deve serrare i ranghi per le prossime elezioni contro Renzi. Prima la nuova squadra di partito poi la nomination a candidato premier. Probabilmente non toccherà a Toti affrontare il sindaco di Firenze nello scontro per Palazzo Chigi. La ristrutturazione del partito resta la priorità, ma ricompattare tutto il centrodestra in vista delle elezioni è il vero obiettivo per cui è stato scelto. Soltanto con le alleanze si può vincere. Alfano ha già dato segni di disponibilità ad aprire la porta: «Personalmente ho di Giovanni Toti nella sua esperienza di giornalista, ma anche per il rapporto personale che ho sempre avuto con lui, una grandissima considerazione».
Per quanto riguarda il partito invece la vera paura di Verdini, Santanchè, Carfagna, Fitto e compagnia bella sta nel fatto che perdendo il ruolo di coordinatore perdono anche il potere di decidere per sé e per gli altri. Di sicuro i falchi avrebbero preferito che Toti, più che coordinatore unico, fosse stato prescelto come candidato premier. Comunque per ora tutti concentrati sui coordinatori regionali. Il primo passo che porta alla rifondazione. Azzurra. La prima delle grandi battaglie.