Tra Verdini e referendum il Pd finisce sotto le trivelle. Bersaniani pronti allo sgambetto alle comunali

di Stefano Iannaccone

I voti di Denis Verdini a favore del governo erano un “fatto grave” già un mese fa. Almeno per l’ex capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza. Dopo la condanna a due anni del senatore, ex Forza Italia, la minoranza dem vuole far sentire ancora più forte la propria voce. Perché, come se non bastasse, la segreteria del partito ha comunicato la decisione di astenersi sul referendum anti-trivelle, senza avvertire il bisogno di alcuna discussione. La notizia è stata appresa dal sito dell’Agcom, su un tema sollevato da presidenti di Regione dem, a cominciare da Michele Emiliano. Insomma la condanna di Verdini da una parte, e la linea dell’astensione sul voto del 17 aprile dall’altro hanno aperto due fronti, su cui la minoranza del Partito democratico è pronta a riprendere la guerriglia interna. Da mettere in piazza nella direzione nazionale domani, lunedì 21 marzo. E che può essere uno sgambetto per il risultato elettorale di giugno.

MALUMORI
“Risolvere le questioni politiche appellandosi ai numeri non è una prova di autorevolezza o forza”, ha scandito l’ex candidato alle primarie, Gianni Cuperlo, riferendosi al combinato disposto dei due casi. Ma il problema non è solo riconducibile alla dialettica tra renziani e minoranza, entrata ormai in un clima congressuale. Anche nell’ala orfiniana crescono i malumori. “Già è difficile governare con Alfano. Ma la questione di Verdini in maggioranza rischia di essere un problema davvero complesso”, afferma a microfoni spenti un esponente dei Giovani Turchi. Tanto che lo stesso Matteo Orfini si è sentito in dovere di intervenire: “Alcuni aspetti della discussione mi sembrano lunari”. Il mal di pancia, però, serpeggia e non bastano le categoriche affermazioni del presidente dei deputati, Ettore Rosato, secondo cui i verdiniani non sostengono il governo. Ed è superfluo come chiedere “quando Grillo entrerà in maggioranza”. Ma il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, ammette: “Bisogna considerare gli equilibri parlamentari”.

TRIVELLE
Non è meno problematico il cambio di idea della vicesegretaria, Debora Serracchiani, sulle trivelle. Nel gennaio 2012 rivendicava di aver partecipato a una manifestazione per evitare i “rischi di trivellazioni nell’Adriatico”. Oggi la numero due di Largo del Nazareno esprime una posizione diversa sulla consultazione del 17 aprile: “Se il referendum passerà saranno inutilmente a rischio moltissimi posti di lavoro, dovremo comprare più gas e più petrolio. E soprattutto l’Adriatico non sarà meglio difeso”. Per carità, una posizione legittima. Ma che – visto il ripensamento – si presta ad attacchi. Anche perché il deputato bersaniano Davide Zoggia, ha evidenziato a La Notizia: “Un partito serio non invita gli elettori ad andare al mare. Anche perché il dibattito va oltre le appartenenze. Bisognava coinvolgere gli iscritti”. Quegli stessi iscritti che sono in fuga. E che potrebbero scappare pure dalle urne.

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