di Angelo Perfetti
Mentre ancora si cerca di recuperare le salme delle decine di persone intrappolate nella stiva del barcone affondato a Lampedusa, in Sicilia continuano gli sbarchi. All’alba di ieri hanno attraccato al porto di Pozzallo una nave francese con a bordo 29 siriani e un mercantile africano con 171 migranti che avevano soccorso in mare due barconi in difficoltà. Sul mercantile vi erano anche 45 minorenni e 28 donne. I migranti sono stati condotti nel centro di accoglienza di Pozzallo, che ospita anche i 62 eritrei arrivati con un volo da Lampedusa tra i superstiti del naufragio delle isole delle Pelagie. E’ un flusso continuo, che non si ferma davanti alle morti e tantomeno si può fermare davanti alle chiacchiere. Anche il presidente della Repubblica si accorge che l’Italia “è in questi giorni al centro di una vera e propria ondata di profughi, per cui oggi il problema è quello di risolvere il nodo dell’asilo politico. Ricordo – ha detto Napolitano – che c’è l’asilo, che è cosa diversa dall’immigrazione. Al centro della nostra attenzione c’è un’ondata di profughi, che non sono migranti, legali o illegali. Sono un’altra cosa”.
La priorità: agire
Senza nulla togliere all’importanza delle parole del Capo dello Stato, il problema non è di inquadramento legale-burocratico-legislativo. E’ prima di tutto pratico, Il rimbalzo tra Unione europea e Italia, la polemica interna sulla legge Bossi-Fini fanno a pugni con le immagini di uominie donne disperati che investono tutti i propri averi per provare a vivere lontano da un mondo dove non riescono più a sopravvivere. E a ricordare quali siano le priorità ci ha pensato addirittura il Vaticano, in un modo tanto inusuale, poco politicamente corretto e violento da squartare il velo di ipocfrisie che avvolge tali tragedie: “Visto che l’Italia e l’Europa latitano, ci prova la Chiesa – ha tweetato l’Osservatore Romano con le parole di monsignor Konrad Krajewski – perché non è più possibile rimanere inerti davanti a sciagure come quella di Lampedusa. Daremo un aiuto concreto a ciascuno dei superstiti, per provvedere alle esigenze più immediate”. E’ molto più di una semplice dichiarazione d’intenti: innanzitutto perché l’uomo che parla è l’inviato che papa Francesco ha spedito a Lampedusa all’indomani della tragedia, a testimoniare l’attenzione esplicita e diretta del pontefice che nella sua visita sull’isola a luglio scorso si scagliò contro la “globalizzazione dell’indifferenza” e chiese perdono per tutti i morti in fondo al mare. Ma soprattutto perché quelle parole sono già un fatto concreto: “Stiamo valutando come meglio poter sostenere le necessità materiali dei sopravvissuti – conferma don Stefano, il parroco di Lampedusa – Sarà una cosa semplicissima, ma sarà un aiuto concreto”.
Il disagio oltre la solidarietà
“Il centro di Lampedusa è attrezzato per 250 persone e attualmente ce ne sono circa 900. Per 103 donne e bambini è disponibile un unico bagno – informa la deputata del Psi, Pia Locatelli – e nel campo stanno ancora in piedi gli scheletri dei padiglioni degli edifici bruciati anni fa durante una protesta. Quando piove, i profughi usano i teli termici per costruire delle tende e donne e bambini trovano posto negli uffici e sui pullman.
Il recupero delle vittime
Per la prima volta i palombari dell’esercito sono riusciti a entrare ieri pomeriggio all’interno della stiva del relitto del barcone naufragato giovedì a Lampedusa. Hanno visto numerosi cadaveri stipati nella stiva, corpi abbracciati. Il bilancio ufficiale della strage, ancora provvisorio, sale a 232 vittime. Nel frattempo da Porto Empedocle sono arrivate oltre 150 bare. I feretri, caricati su alcuni camion frigo, sono stati trasportati nell’hangar dove già si trovano le bare di 111 vittime del naufragio e di 83 corpi recuperati domenica dai sommozzatori. Prosegue lo straziante compito dei sub per togliere dalla pancia del barcone tutte le vittime.