Traini confessa il tiro a segno sui migranti. Ma non si pente del raid razzista di Macerata. Voleva vendicare anche l’assassino di Pamela Mastropietro

“Il mio cliente ha rivendicato e si è assunto la responsabilità dell’accaduto”. A sentire le parole del suo difensore, il legale Giancarlo Giulianelli, non ci sono dubbi: nessun segno di pentimento in Luca Traini, il giovane neofascista che sabato mattina ha seminato il panico per le vie di Macerata lasciando a terra, feriti, undici migranti. Consapevole di quello che ha fatto, dunque, anche se “non si rende conto del clamore mediatico, anche internazionale, che tutta la vicenda sta suscitando”, ha aggiunto Giulianelli. Ecco perché determinante sarà l’interrogatorio cui sarà sottoposto domani, alle 16 nel carcere di Montacuto ad Ancona: sarà determinante, ovviamente, per la convalida dell’arresto.

La ricostruzione – “Ha una personalità disturbata – ha continuato il suo legale, intrattenendosi dinanzi al carcere con i giornalisti – lo dimostra anche il disordine nella sua stanza” perquisita dai carabinieri, dove è stato trovata, tra l’altro, una copia del Mein Kampf di Hitler e altri cimeli e pubblicazioni riconducibili alla destra estrema. Ma per il suo avvocato non risulta “che fosse in cura da uno psichiatra”. Malgrado l’assenza di segni di pentimento, come detto, Traini s’è detto dispiaciuto di aver colpito una donna. “Come sta la ragazza? – avrebbe chiesto al suo legale durante l’incontro in carcere – non volevo colpirla”. L’uomo, arrestato per strage aggravata dall’odio razziale, ha chiesto infatti al suo difensore notizie sulle condizioni di Jennifer Otiotio, una giovane donna nigeriana colpita ad una spalla nei pressi della stazione ferroviaria; l’unica donna degli undici feriti complessivi dopo il raid razzista. Ma dalle prime indagini sarebbe emerso un passaggio ulteriore: Traini, infatti, voleva andare in tribunale e uccidere Innocent Oseghale, il nigeriano presunto assassino di Pamela Mastropietro, ma all’ultimo avrebbe cambiato idea e avrebbe cominciato a sparare contro ogni persona di colore incontrata lungo la strada. È quanto ha riferito lo stesso Traini nelle dichiarazioni spontanee fatte ai carabinieri dopo l’arresto. “Sono rimasto sconvolto dalle modalità brutali con le quali è stata uccisa Pamela – ha raccontato l’uomo – e così ho deciso di fare un’azione personale. Volevo andare in tribunale e fare giustizia, volevo colpire il nigeriano. Poi ho cambiato idea”.

Cero al Duce – Ma ci sono ulteriori dettagli che sarebbero emersi nel corso della giornata di ieri. Il procuratore ha riferito che durante la caccia all’uomo, Traini ha sparato verso la sede del Pd e verso alcuni esercizi commerciali. Negozi che, ha detto agli investigatori, o erano frequentati da immigrati o erano luoghi dove si spacciava droga. Prima di arrendersi, inoltre, il ventottenne è andato nel luogo dove sono state ritrovate le valigie con i resti della ragazza: lì ha pregato, ha lasciato una scatola di proiettili vuota e una sorta di cero votivo di Mussolini. Poi è andato in piazza Vittoria e si è fatto arrestare. Il folle progetto era stato portato a termine.