Turni e paghe insostenibili. Ora spariscono anche i medici. Il carico di lavoro negli ospedali è diventato pazzesco. Dopo l’emergenza riecco tutte le vecchie criticità

I medici non bastano più. Il carico di lavoro negli ospedali è diventato pazzesco. Speranza parla di “grande questione del personale”.

Turni e paghe insostenibili. Ora spariscono anche i medici. Il carico di lavoro negli ospedali è diventato pazzesco. Dopo l’emergenza riecco tutte le vecchie criticità

La scorsa settimana il Pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli scoppiava di pazienti in attesa di ricovero. La situazione è talmente incandescente che 25 medici hanno firmato un preavviso di dimissioni per “l’impossibile carico di lavoro” mentre i concorsi vanno deserti. Non va meglio al Pronto soccorso dell’ospedale Maggiore di Bologna dove la scorsa settimana i pazienti sono stati dirottati fuori provincia per mancanza di medici disponibili. Anche a Roma il Pronto soccorso del San Camillo è preso d’assalto mentre in Sardegna e Piemonte si è dovuto cercare medici tra le cooperative.

I medici non bastano più. Il carico di lavoro negli ospedali è diventato pazzesco

Il ministro Roberto Speranza parla di “grande questione del personale” ribadendo di avere “messo 17.400 borse di specializzazione, il triplo di tre anni fa e il doppio di due anni fa” ma i conti comunque non tornano. Raffaele Donini, assessore alla sanità della Regione Emilia Romagna spiega il punto dolente: “Dal 2018 al 2021, per capirci, c’è stato un calo del personale medico di circa il 15%, con un carico di lavoro che sta tornando alto come negli anni precedenti alla pandemia, quando si contavano circa 2 milioni di accessi. Facciamo bandi che vanno deserti e assistiamo a una propensione del personale sanitario a rivolgersi ad altre specializzazioni, non appena si presenti l’occasione”.

Intanto mentre il Governo aumenta le spese militari mancano ancora qualcosa come 4 miliardi di spese Covid non rimborsate alle regioni mentre nel Def si prospetta una riduzione di spesa sanitaria sul Pil dal 7,4% del 2020 al 7% nel 2022 fino al 6,3% nel 2024 che è meno di quanto si spendeva nel 2019 prima della pandemia. Secondo una ricerca di Simeu (Società italiana della medicina di emergenza-urgenza), sono circa 600 i medici dell’emergenza e urgenza che nel 2022 hanno già scelto di dimettersi dai pronto soccorso, al drammatico ritmo di oltre 100 unità al mese.

Al momento sono circa 5.000 gli specialisti che strutturalmente mancano nei Pronto soccorso in Italia rispetto alle reali necessità di gestione. Inoltre in 9 strutture su 10 almeno un medico manifesta l’intenzione di abbandonare entro un anno. L’ultimo bando scaduto ieri all’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli si è chiuso con una sola domanda presentata di un lavoratore che comunque non soddisfa i requisiti, esattamente come accaduto qualche giorno fa per il Caldarelli. Anche la soluzione di arruolare medici attraverso agenzie e cooperative esterne non funziona: ogni volta potrebbe succedere che arrivi un medico differente che deve non conosce le procedure, il sistema informatico e le relazioni interne.

Simeu: “Stiamo assistendo all’estinzione dei Pronto soccorso”

Inoltre il costo di 120/130 euro all’ora (di cui metà va nelle tasche delle cooperative) stride con lo stipendio di un medico assunte nel Servizio sanitario nazionale, con un evidente vantaggio economico a favore della precarizzazione. Stiamo assistendo all’estinzione dei Pronto soccorso – scrive Simeu nella sua ricerca – . La criticità legata all’organico viene amplificata dal carico di lavoro causato dal “boarding”, il fenomeno di prolungata permanenza dei pazienti e di sovraffollamento di barelle in dipartimento (causate dall’incapacità dei reparti di accogliere i malati per mancanza di letti) che da sole assorbono tempo ed energie dei professionisti, sottratte alla gestione delle emergenze”.

Spiega il presidente di Simeu, De Iaco: “Il problema della carenza di organico è il più evidente ma l’aspetto dell’attesa di un ricovero in Pronto soccorso è il principale elemento di disaffezione verso questo lavoro. Siamo diventati i medici tuttologi, chiamati a fare ogni cosa. Dobbiamo gestire anche i pazienti per cui non abbiamo competenze. Tutto questo è insopportabile. Alla base di tutto abbiamo una lesione morale: continuiamo a fare ai pazienti ciò che non riteniamo giusto. E ciò dopo anni è pesantissimo”. A questo si aggiunge anche l’aspetto economico: “Guadagniamo meno di altri medici d’ospedale; lavoriamo di notte per 50 euro”.

Simeu al ministero ha fatto proposte precise: valorizzazione economica (“che non possono essere gli 80 o 100 euro di indennità al mese inserita in finanziaria, una mancetta”, dice De Iaco); migliorare le condizioni di lavoro per bloccare l’emorragia di professionisti; smettere di utilizzare il medico di Ps per qualunque cosa inclusa la gestione del boarding, cioè l’attesa indefinita del ricovero con interi reparti di degenza che si creano per giorni”. Se ne parlerà nel Congresso Nazionale Simeu “Navigando verso il futuro, consapevoli del proprio passato”, organizzato al Palacongressi di Riccione dal 13 al 15 maggio. Sperando che il Governo batta un colpo.