Un aiuto concreto per mezzo milione di italiani. Grazie al Reddito di emergenza. Così il governo ha risposto al disastro del Covid. Ma ora occorre riformare gli ammortizzatori sociali

Mai come oggi si può affermare che è stato fatto tanto ma che si può fare ancora di più. Con l’emergenza covid-19, 209mila nuclei familiari sono risultati percettori di almeno una mensilità del Reddito di emergenza, pari a 518mila persone per un importo medio mensile di 572,48 euro. A questi si aggiungo 1 milione e 221 mila famiglie che hanno potuto beneficiare di Reddito e Pensione di cittadinanza, ossia le altre misure fortemente volute dal Movimento, come spiegano i dati forniti dall’Inps. Risultati eccezionali, mai visti prima d’ora, che però non soddisfano a pieno il ministro del lavoro e della pratiche sociali, Nunzia Catalfo, perché proprio dall’emergenza sono emersi i limiti delle attuali misure di sostegno che hanno impedito di fare di più.

“Quello degli ammortizzatori sociali è un sistema molto frammentato che durante la pandemia ha mostrato tutte le sue fragilità. Nonostante questo, siamo intervenuti con il Decreto Cura Italia e il Decreto Rilancio per estendere queste misure anche a quei lavoratori che altrimenti, in un momento così delicato, sarebbero rimasti esclusi” ha spiegato con un lungo post su Facebook la Catalfo aggiungendo che “adesso è il momento di riformare questo sistema”. Per non lasciare nulla al caso, la ministra ha anche istituito una commissione di esperti che è già al lavoro per tracciare le linee di indirizzo e interventi necessari su questo più che delicato tema.

Questo perché è necessario “progettare un meccanismo nuovo, in grado di tutelare tutti i lavoratori, nessuno escluso”, riuscendo a “semplificare e snellire le procedure anche attraverso processi informatizzati, e a tal fine il tavolo in corso con la ministra Paola Pisano servirà ad accelerare questo cambiamento”. Un lavoro per il quale, puntualizza senza giri di parole la ministra del lavoro, “abbiamo tempi stretti e un obiettivo ambizioso da realizzare. Dobbiamo farlo mettendo al centro universalismo, semplificazione delle procedure e accrescimento delle competenze del lavoratore”.

Sostanzialmente l’idea alla base della riforma a cui pensa la Catalfo è rivedere gli ammortizzatori sociali che dovranno operare per conseguire due risultati. Da un lato dovranno garantire una rete di protezione temporanea ai lavoratori di quelle imprese che intendono sospendere una parte della produzione per ristrutturazioni aziendali o riconversioni produttive o tecnologiche, dall’altro – quali strumenti di accompagnamento e sostegno – saranno finalizzati alle transizioni occupazionali. In altre parole serviranno in un’ottica di tutela nel mercato del lavoro, evitando il più possibile la disoccupazione e il successivo passaggio per lunghi periodi in Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI) che altro non è che una indennità mensile di disoccupazione.

Un progetto ambizioso che ha come punto cardine quello di superare la frammentarietà del sistema attuale per costruirne uno tendente all’universalismo e alle politiche attive. Inutile dire che, contrariamente a quanto dicono le opposizioni, tale progetto non avverrà nelle segrete stanze del governo ma si avvarrà del confronto diretto con le parti sociali tanto che è già stato programmato un incontro per la prossima settimana.